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Chagas, la malattia di chi vive in povertà

Una cimice, nelle aree rurali, marginalizzate e più povere del Sud America, può rappresentare un grave pericolo per la salute e per la vita stessa delle persone. Si tratta della cimice triatomina, un potenziale vettore della tripanosomiasi americana, malattia infettiva conosciuta anche come “malattia di Chagas”, dal nome del medico e ricercatore che l’ha scoperta oltre un secolo fa, che può causare disturbi cardiaci o all’apparato digestivo. Questa malattia, secondo recenti dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità, ha infettato tra i sei e i sette milioni di persone nel mondo e ogni anno si registrano fra i 30mila e i 40mila nuovi casi, oltre a circa 10mila decessi.

Una malattia negletta

La tripanosomiasi americana, detta anche la malattia delle “cimici che baciano” per la modalità di trasmissione da parte dell’insetto, rientra tra le cosiddette “malattie tropicali neglette”, un gruppo eterogeneo di una ventina di malattie, molte delle quali a carattere infettivo, causate da virus, batteri, parassiti, funghi e tossine, diffuse soprattutto tra le popolazioni povere e marginalizzate, specialmente quelle rurali in cui vi è una scarsa presenza di sistemi sanitari. Queste malattie sono spesso di cronicizzano e diventano disabilitanti. A questo si aggiungono poi lo stigma e l’esclusione sociale, che esasperano ancora di più condizioni socio-sanitarie delle popolazioni colpite.

La giornata mondiale

La “malattia di Chagas” è stata scoperta da Carlos Ribeiro Justiniano Chagas il 14 aprile 1909, che la diagnosticò per la prima volta su una persona, una bimba di appena due anni. E così, 110 anni dopo, l’Assemblea Mondiale della Sanità ha istituita la Giornata mondiale della malattia di Chagas che si celebra il 14 aprile. Fino a un decennio fa circa questa malattia era diffusa prevalentemente nel continente sudamericano, mentre negli ultimi anni, in seguito ai fenomeni della migrazione e del commercio internazionale, è aumentato il numero dei casi registrati in Nord America e in Europa.

L’intervista

In vista della giornata mondiale dedicata alla tripanosomiasi americana, Interris.it ha intervistato professore emerito di malattie infettive dell’Università degli Studi di Brescia Giampiero Carosi.

Quali sono i sintomi di questa malattia?

“La malattia si presenta in due fasi: acuta e cronica. La fase iniziale, acuta, dura dalle quattro alle otto settimane e si risolve con guarigione completa solo nel 5-10% dei casi, si caratterizza per i numerosi parassiti circolanti nel sangue e sintomi aspecifici, come febbre, cefalea, linfoadenomegalia, dolori muscolo-articolari, addominali e toracici, che in un gran numero di casi sono persino assenti. In circa una metà dei casi, si può osservare una lesione cutanea nella sede della puntura, detta chagoma, e/o una tumefazione purpurea in una palpebra, chiamata segno di Romaña. Nella successiva fase cronica, che dura tutta la vita, i parassiti non sono più circolanti ma si localizzano negli organi, principalmente cuore e apparato digerente, nelle cui cellule si moltiplicano in colonie. Nel 70% dei casi non si svilupperà mai un evidente danno d’organo, ma nel 30% dei casi si manifestano progressivamente disturbi cardiaci e nel 10% dei casi disturbi digestivi (principalmente megaesofago e megacolon) e/o neurologici. Anche a distanza di decenni possono manifestarsi casi di morte improvvisa per aritmie gravi o insufficienza cardiaca legate a disorganizzazione della innervazione cardiaca o a rottura del cuore. Nel corso della fase cronica, se si verificano condizioni di immunosoppressione, per una terapia post-trapianto, per dei tumori solidi o del sangue e relative chemio-radioterapie, per l’infezione da HIV/AIDS, si può avere una riattivazione con nuova invasione del circolo ematico e disseminazione ad ogni distretto corporeo”.

Quali sono le vie di trasmissione dell’infezione da cui origina la malattia di Chagas?

“Si tratta di una zoonosi trasmessa fra mammiferi, incluso l’uomo, attraverso insetti ematofagi, che fungono da vettori. I vettori sono rappresentati da cimici triatomine che si annidano nelle fessure e nelle crepe dei muri e dei soffitti delle abitazioni, e si attivano nelle ore notturne, quando pungono e succhiano il sangue, nelle parti scoperte del corpo, specialmente nel volto – da cui il nome popolare di ‘cimici che baciano’ – e  dopo il cosiddetto ‘pasto ematico’, defecano intorno alla puntura suscitando prurito e una reazione istintiva di strofinamento e grattamento. In tal modo i tripanosomi contenuti nelle feci penetrano internamente attraverso lesioni della pelle ovvero attraverso le mucose degli occhi o della bocca. Un’altra importante modalità di trasmissione è mediante il sangue, poiché i tripanosomi, dopo l’ingresso nel sottocutaneo, vengono trasportati in vari organi attraverso il torrente circolatorio, rappresentando così un fattore di rischio per la trasfusione di sangue o, più raramente, i trapianti di organi, così come la trasmissione connatale, attraverso il sangue placentare dalla madre al feto durante la gravidanza. Infine, un’altra modalità di trasmissione, che causa focolai epidemici, si realizza attraverso cibi o bevande contaminate dalle feci delle cimici triatomine. In generale, si può dire che la trasmissione diretta tramite vettore è prevalente nelle aree endemiche latino-americane mentre le altre modalità non-vettoriali sono proprie delle infezioni che si registrano al di fuori delle aree endemiche e correlate a trasfusioni di sangue, adozioni infantili o, raramente, a viaggi internazionali”.

Quali problemi comporta a livello di sanità pubblica?

“La malattia di Chagas rappresenta attualmente un problema di sanità globale. Infatti mentre classicamente era confinata nel continente americano, dal nord dell’Argentina al Messico, con massima prevalenza in Bolivia, recentemente centinaia di migliaia di casi, legati ai fenomeni della migrazione e della globalizzazione, si registrano anche al di fuori delle zone endemiche tropicali: negli USA, in Canada, in Europa e nel Pacifico occidentale”.

Quali sono i farmaci specifici a disposizione per il trattamento della malattia?

“Disponiamo tuttora di soli due farmaci efficaci, non recenti e gravati da non trascurabili effetti collaterali tossici: il benznidazolo e il nifurtimox. Non vi sono stati progressi nella ricerca di nuovi farmaci, negli ultimi 50 anni, a causa dello scarso interesse economico della malattia, considerata fra le malattie tropicali ‘neglette’. Per il trattamento è comunque importante distinguere due fasi. In quella acuta, inclusa la trasmissione connatale e la riattivazione, l’efficacia del trattamento è elevata, prossima al 100%, specie se iniziato al più presto dopo l’infezione, mentre si riduce nella fase cronica ‘avanzata’ o si annulla in presenza di complicanze cardiache o digestive. E’ importante sapere che il trattamento è controindicato in gravidanza, in caso di insufficienza epatica o renale e, per quanto riguarda il nifurtimox, in presenza di disturbi neurologici o psichiatrici”.

Come fare un’efficace prevenzione e controllo della malattia di Chagas?

“Si valuta che il costo del trattamento dei casi di malattia di Chagas ecceda oltre l’80% il costo delle misure di prevenzione. L’agente della tripanosomiasi americana, il Tripanosoma cruzi, riconosce numerosi ospiti mammiferi selvatici e domestici, oltre all’uomo, per cui praticamente non può essere ‘eradicato’ e anche l’‘eliminazione’ della patologia umana è ostacolata dal fatto che non esiste un vaccino, ora e verosimilmente neppure in prospettiva. Pertanto i pilastri su cui poggia la prevenzione sono il controllo delle vie di trasmissione, attuando il controllo dei vettori, e l’accesso precoce ai servizi sanitari di diagnosi e screening. Nelle aree endemiche serve il miglioramento edilizio delle abitazioni, con l’adozione di zanzariere impregnate di insetticidi e spargendo insetticidi residuali nelle abitazioni, mentre in parallelo va assicurata l’adozione di buone pratiche igieniche nella preparazione, trasporto e conservazione di cibi e bevande. Per quanto si riferisce all’accesso ai servizi sanitari, vanno adottati protocolli per lo screening dei donatori di sangue, dei donatori di organi e tessuti e va facilitato l’accesso ai centri di diagnosi e trattamento, specie per le donne in età fertile, per i neonati di madri infette e per i giovani a rischio di tripanosomiasi in fase precoce”.

Secondo l’Oms, gli indici di diagnosi, ossia il rapporto fra casi diagnosticati e casi stimati, sono bassi e certamente sottostimati. Ci può spiegare il perché?

“Il fenomeno chiama in causa fattori psicosociali, più che aspetti di carenza dei suesposti metodi biomedici di prevenzione. Nelle aree tropicali endemiche la malattia di Chagas è considerata propria di aree rurali marginalizzate e associata a condizioni di estrema povertà di vita in abitazioni infestate da cimici. Questo comporta un forte stigma nei confronti della malattia e delle popolazioni affette, che configura una vera e propria esclusione sociale. D’altra parte nella popolazione suscita un sentimento di disperazione, sofferenza e terrore della morte. Tutto ciò si traduce in un approccio negativo di rimozione che ostacola l’accesso ai servizi di diagnosi e cura. Recentemente, l’urbanizzazione ha portato la malattia di Chagas anche dentro le città e le migrazioni e i viaggi internazionali hanno portato la malattie anche fuori delle aree endemiche, determinando nuovi rischi di trasmissione, tramite trasfusioni di sangue e trapianti di organi. In questi casi gli ostacoli alla diagnosi dei pazienti si radicano sul deficit culturale da parte sia di medici sia di potenziali pazienti che ostinatamente confinano la malattia all’ambito tropicale endemico. E’ stata anche proposta l’attivazione di screening obbligatori per chi provenga da aree endemiche, ma questa pratica è stata bollata come discriminatoria, lesiva della dignità umana e abbandonata. Così, il problema della tripanosomiasi americana ‘malattia negletta’ resta sul tappeto”.

Siamo in tempo nel mezzo della pandemia di Coronavirus, che impatto ha questa sui pazienti affetti da malattia di Chagas?

“Fra le complicanze della malattia di Chagas in fase cronica si annoverano uno stato pre-trombotico e patologie cardio-vascolari, dall’infarto miocardico all’ictus cerebri, le stesse presenti fra le complicanze del Covid. Pertanto si può realizzare un impatto bi-univoco sfavorevole fra le due malattie, che induce a considerare i pazienti di tripanosmiasi americana a rischio di Covid-19 grave e pertanto sicuramente candidati in via prioritaria alla vaccinazione”.

Lorenzo Cipolla

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