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Servizi sanitari e sociali: apre a Bologna la prima casa di comunità

La parola “casa“, secondo la definizione dell’enciclopedia Treccani, ha un particolare significato carico di significati. Ossia è edificio in cui “convivono o sono accolte, per limitati periodi di tempo e per motivi particolari, determinate categorie di persone“. Quindi “casa” è anche l’istituzione stessa che l’amministra e il personale che è addetto al suo funzionamento. Come nelle espressioni “casa di riposo”. “Casa di correzione”. O, secondo il metodo educativo della pedagogista Maria Montessori, “casa dei bambini“. Adesso al via a Bologna il progetto per la prima casa di comunità. Una struttura che integra sanità e sociale. “Ce ne sarà presto una in ogni quartiere”, annuncia Matteo Lepore, sindaco del capoluogo emiliano.

Integrazione in casa

Una forma condivisa e diffusa di Welfare per l’assistenza sul territorio comunale, quindi. Le case della salute diventeranno case di comunità. E i servizi sanitari si integreranno con quelli sociali. Lo annuncia Matteo Lepore, sindaco di Bologna. Illustrando le linee di mandato della giunta comunale. E il progetto di realizzazione della casa di comunità nel quartiere Savena. Alla presentazione dell’iniziativa ha preso parte anche l’assessore regionale alla Salute, Raffaele Donini. Con il direttore generale della Ausl di Bologna, Paolo Bordon. L’amministrazione guidata da Matteo Lepore, infatti, ha approvato un protocollo d’intesa tra comune e Ausl di Bologna. Per la demolizione e la costruzione (entro il 2026) di un nuovo edificio. Al posto del centro civico di quartiere. Nella neonata “casa di comunità” lavoreranno medici, infermieri, psicologi. Ma anche assistenti sociali.

Biblioteca “Natalia Ginzburg”

Si tratta di un investimento di circa 7,5 milioni di euro. Finanziato dalla Regione con i fondi del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza). “La ‘casa di comunità’ rappresenta il paradigma di quello che vogliamo fare per Bologna- puntualizza il sindaco Lepore-. Cioè un cambiamento più verde, più giusto e più sociale. Per le persone che hanno sofferto per la pandemia“. Oltre al nuovo edificio verrà costruito anche uno spazio per la biblioteca “Natalia Ginzburg“. E il piano dell’amministrazione è quello di allargare il metodo a tutta la città. A partire dal poliambulatorio del Pilastro. Il comune  di Bologna, infatti, lo cederà in comodato d’uso alla Ausl. Per ampliare la struttura con un finanziamento di 510 mila euro. “L’obiettivo del mandato è realizzare una casa di comunità in ogni quartiere– sostiene Lepore-. Potenzieremo le case della salute esistenti. Inseriremo la telemedicina e le nuove tecnologie. Per poter lavorare in modo integrato con gli assistenti sociali”. L’assessore regionale Donini sottolinea che il progetto rientra in una nuova idea di medicina territoriale.

“Follow up” e prevenzione

“I medici svolgeranno l’attività nei loro ambulatori. Ma dedicheranno anche un monte ore significativo nelle case di comunità- spiega Donini-. Il cittadino può trovare nella casa di comunità un medico che lo possa prendere in carico. Riducendo quindi gli accessi del pronto soccorso”. L’impostazione della Regione Emilia Romagna e del comune di Bologna è quella di aumentare il controllo e il monitoraggio da remoto. Ma anche di offrire un luogo dove si possa visitare il paziente. Fare diagnosi. Chirurgia ambulatoriale. “Follow up”. E prevenzione. “La pandemia ha dimostrato che dove c’è fragilità sociale possono esserci problemi sanitari– conclude Donini-. Mettere insieme i servizi con unica regia è un’importante fonte di innovazione. Per tutto il territorio”.

Giacomo Galeazzi

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