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Visco non “sta sereno”

Narrano, le cronache della politica, che il premier Paolo Gentiloni si apprestasse a rinominare Ignazio Visco al vertice di Bankitalia, in accordo con il capo dello Stato, Sergio Mattarella, senza avere idea dell’onda che stava arrivando. Era “sereno”, tanto per usare un termine caro al vocabolario del Pd e caratterizzante di un’intera stagione politica. Certo, questa legislatura, seppur ai titoli di coda, non poteva essere scevra da sorprese. Di ogni tipo.

Ma la decisione del Pd di sfiduciare Visco, addentrandosi per l’ennesima volta nel campo solitamente riservato al governo e al presidente della Repubblica, è l’ennesimo (e ce da sospettare che ve ne saranno ancora molti) sgarbo istituzionale di un partito che nel giro di qualche ora riesce a essere prima al governo e poi all’opposizione, alla bisogna, pesando tutto ciò che accade in base alla speculazione elettorale.

Per l’elettorato del Pd, tutto questo, non è un buon viatico per la prossima campagna elettorale. E, più in generale, questo scollamento fra partiti e istituzioni, rischia di mettere il Paese in serio imbarazzo. D’altro canto Renzi considera priorità i rapporti interni e non gli equilibri esterni, quelli che legano un Palazzo all’altro. L’idea di scaricare Visco, in questo modo poi, nasce dalla necessità di disinnescare le responsabilità della crisi bancaria (e di certe banche più delle altre) indicando in Visco il capro espiatorio di una situazione che (come nel caso di Banca Etruria) pesa più per l’inopportunità istituzionale che per beghe monetarie. Insomma, l’agenda politica ha messo in tavola un gran pastrocchio del quale sarebbe stato il caso di fare a meno. Ma volendo non guardare solo il dito, essendo necessario scrutare la luna, questo gioco al massacro è il fischio d’inizio del “tana scarica tutti” in vista della campagna elettorale.

Nel dna renziano questo tipo di processo rappresenta uno dei fili principali della scala vitale. Da qui alle elezioni sarà tutto un gioco di scarico di responsabilità per non dare risposte nel merito, dedicando a un’exit strategy che punti tutto sul nome da dare in pasto alla folla. Sarà una lunga sequela di “state sereni” scaricati sull’uscio. Però dentro al Pd il dna non è tutto renziano. Il ritorno sulla scena di Walter Veltroni, altro che Africa e ritiro dalla politica, potrebbe rappresentare un forte elemento di discontinuità, creando quel necessario gioco di pesi e contrappesi, dal quale dipende la democrazia stessa. E il fatto che l’ex sindaco di Roma consideri “incomprensibile ed ingiustificabile” il documento presentato dal Pd contro il governatore Visco e un fatto importante.

“Da sempre la Banca d’Italia“, sostiene Veltroni, “è un patrimonio di indipendenza e di autonomia per l’intero Paese. Per questo mi appare incomprensibile e ingiustificabile la mozione parlamentare del Pd”. E il fatto che Ettore Rosato registri “sempre con rispetto“, le critiche di Walter significa che la situazione non è affatto come sembra. Quanto alle perplessità interne al Pd, in particolare dell’area Orlando, il capogruppo del Pd osserva che “non è la prima che c’è un dibattito interno nel Pd”. Com’è iniziato tutto, del resto. E come tutto potrebbe finire. Salvo un particolare. Far battaglia per questioni interne su Bankitalia è pericoloso per tutti.

Macario Tinti

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