Intervento

Tutelare la nostra Casa comune significa difendere la vita

In questi giorni e fino al 12 dicembre si sta tenendo a Dubai negli Emirati Arabi Uniti, la 28ª Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, conosciuta con l’acronimo di COP 28. I temi principali in corso di discussione sono molti e, in particolare, si stanno definendo le politiche ambientali dei prossimi anni, la progressiva riduzione dei combustibili fossili, la mitigazione dei cambiamenti climatici e l’incremento dell’impegno per lo sviluppo sostenibile dell’energia rinnovabile. Occorre però fare presto perché il 2023, sotto la spinta di El Niño, sarà l’anno più caldo di sempre e, a riprova di ciò, lo scorso 17 novembre, sono stati per la prima volta superati i due gradi sul livello di base preindustriale 1850-1900. Questi due dati devono far riflettere i potenti della Terra: bisogna giungere a un compromesso per tutelare l’ambiente, giungere forme di sviluppo più rispettose che tutelino i paesi più poveri.

Il futuro dei nostri figli deve essere tutelato e non può essere messo a repentaglio per delle scelte ambientali scellerate. Ognuno di noi deve ricordare che, difendere la nostra “Casa comune”, significa difendere la vita. Se non agiamo subito il rischio è quello che, i fenomeni ambientali estremi che l’Italia e il mondo hanno vissuto quest’anno, diventino sempre più frequenti: penso alla Toscana, alla Romagna e alla Brianza. Non possiamo permetterci l’aumento di simili rischi, ne va dell’incolumità delle nostre comunità. Tutti noi cristiani abbiamo quindi il dovere morale irrinunciabile di seguire gli insegnamenti tracciati nell’esortazione apostolica Laudate Deum e rimarcarti ieri nel lungimirante discorso di Papa Francesco letto dal Segretario di Stato vaticano, il cardinale Pietro Parolin indirizzato ai potenti della terra riuniti a Dubai, che sono stati esortati ad agire e ad assumersi responsabilità coraggiose evidenziando che “il cambiamento climatico è un problema sociale globale che è intimamente legato alla dignità della vita umana. Sono con voi per porre la domanda a cui siamo chiamati a rispondere ora: lavoriamo per una cultura della vita o della morte?”.

È stata poi rilanciata la proposta di “costituire un Fondo mondiale per eliminare finalmente la fame e realizzare attività che promuovano lo sviluppo sostenibile dei Paesi più poveri, contrastando il cambiamento climatico” utilizzando il denaro attualmente impiegato per le armi e le spese militari. Queste parole devono farci pensare: nessuno può esimersi da questa responsabilità collettiva, dobbiamo seguire l’insegnamento di Papa Francesco e fare la nostra parte senza riserve prima che sia troppo tardi.

Martino Troncatti

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