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Razzismo verso i meridionali: ritorno agli anni Sessanta

L'episodio doloroso ed esecrabile della donna picchiata a Forlì, tartassata, anche moralmente, con i termini “terrona”, “puzzolente” e “mafiosa”, che segue, soltanto dopo pochi giorni, l'episodio verificatosi a Malvaglio, in provincia di Milano, nei confronti di una ragazza foggiana, a cui una signora ha negato l'affitto della propria casa perché meridionale – la giovane vittima, Deborah, ha postato la sua triste disavventura su Facebook pubblicando tutti i gli audio della madre della locataria in cui la donna si dichiarava “contro i meridionali”, come documentato nei giorni scorsi su In Terris -, è un evidente segnale che nel nostro Paese sta per prendere piede il razzismo, l’odio e la discriminazione nei confronti dei meridionali, nonché nei confronti degli extracomunitari.

Sarebbe riduttivistico definire tali episodi come frutti del campanilismo: si tratta, a nostro avviso, di odio razzistico da parte dei settentrionali nei confronti dei meridionali, come accadeva negli anni Sessanta. Tale forma di odio sembrava essere stata superata, forse per l'avvento del fenomeno dell’immigrazione legata al processo di globalizzazione  C'è da chiedersi perché si è ritornati indietro. Riteniamo che alcune persone, facilmente influenzabili, siano state contagiate dai titoli degli articoli di alcune testate giornaliste, le quali, pertanto, sono responsabili di aver fomentato la discriminazione razziale nei confronti dei cosiddetti “terroni”.

Il termine “terrone” è spregiativo, non si tratta assolutamente di un aggettivo simpatico e scherzoso che rimanda alla terra. La responsabilità civile e penale di chi utilizza tali termini è, senza alcun dubbio, di rilevante portata, in quanto si incita all’odio sociale. Non può essere definito giornalismo, ma propaganda razziale, scrivere pagine di disprezzo nei confronti di singole persone, di gruppi e di nazioni. Non può passare inosservato chi strumentalizza la propria attività giornalistica ponendola al servizio di chi diffonde odio e violenza. È ora di dare un taglio netto a tale modo di procedere nel campo della comunicazione ed è ora che le Istituzioni preposte, anche mediante l’intervento del Presidente della Repubblica e del Presidente del Consiglio, pongano fine a qualsiasi forma di razzismo, mediante l’applicazione inderogabile delle leggi che lo prescrivono severamente. È immorale e deve essere punito chi fa del giornalismo un’arma propagandistica della violenza razzistica, che fomenta la guerra civile.

Biagio Maimone

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