Oggi il fenomeno è cambiato radicalmente in quanto esiste una povertà strutturale che ha colpito l’intera collettività e che si manifesta in modo molto evidente sulle famiglie e sul mondo del lavoro. Noi abbiamo aperto alcune realtà come alberghi solidali, condomini solidali, dove siamo accogliendo e ospitando interi nuclei familiari. Gente che ha perso il lavoro, che è stata sfrattata, persone che non riescono più a dare da mangiare ai propri figli, a pagare le spese scolastiche, quelle sanitarie. Quando in una famiglia viene a mancare il caposaldo di un lavoro dignitoso che consenta di coprire i costi essenziali, (vitto, alloggio, scuola, cure mediche) viene a essere messo in crisi un caposaldo della dignità della persona.
Una volta la società era altra cosa dal povero, e aveva comunque modo di assisterlo. Esisteva una persona, un individuo che attraversava un momento critico della propria vita; oggi invece non si ragiona più in termini di singoli ma di intere famiglie. Tempo fa chi scivolava nella povertà venivano assistito dalla carità cristiana prima di tutto, e poi storicamente anche dallo Stato, nell’ormai codificato welfare che in Italia e in Europa ha avuto una sua validità.
Oggi la globalizzazione della povertà non tocca più solo gli Stati africani, dell’America latina o una parte dell’Asia, ma anche la cultura europea (pensiamo alla Grecia, alla Spagna, alla nostra Italia. Ma anche al Portogallo, dove uno stipendio medio è di 6/700 euro). In questa esperienza in cui la povertà ci ha colpiti come società va detto con forza però che esiste una frangia di persone che comunque sono super protette da privilegi economici che si sono costruiti.
Pensiamo a certi stipendi alle pensioni d’oro, a chi porta i capitali all’estero, a chi a doppi o tripli lavori come certi docenti universitari che hanno più cattedre mentre abbiamo ricercatori giovani che non possono accedere a bandi perché mancano le risorse. E’ una cultura, quella del privilegio, che va scardinata culturalmente, perché ognuno abbia accesso – con le proprie competenze e capacità lavorative – a poter contribuire al benessere della società ma anche mantenere la propria famiglia con dignità.
La società odierna non è più capace di garantire i bisogni fondamentali dell’uomo e della famiglia, succube di un’oligarchia che è quella che alla fine non permette che ci sia una uguaglianza, una concreta possibilità per tutti di accesso alle risorse per mettere a frutto i propri talenti.
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