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L’importanza dell’integrazione

Con gli ultimi rientri dalla la pausa natalizia, l’Italia torna alle sue fatiche quotidiane con temperature meteo rigidissime che oltre a registrare seri danni alla nostra agricoltura sta mietendo vittime tra i senza tetto e ampliando problemi e disagi nei territori colpiti lo scorso anno dal sisma. Anche la Cisl, sia pure con qualche animato dibattito interno, riprende le proprie attività in vista della prossima fase congressuale e in linea con le indicazioni e le scelte dell’attuale dirigenza. A livello internazionale prosegue la scia di violenza legata al terrorismo di matrice islamica con gli attentati di Berlino e Istanbul, oltre a quello di Gerusalemme che riaccende nuovamente le endemiche ostilità tra palestinesi e israeliani.

Come sottacere, inoltre, il lungo filo rosso della violenza sulle donne che lega il 2016 al nuovo anno con i tre casi di violenza commessi nella città di Cuneo durante l’Epifania, il dramma ancora poco chiaro della giovane 22enne di Messina, l’agguato con l’acido contro la ragazza di Rimini e quello recentissimo di Napoli in cui un 54enne spara alla ex moglie e al suo compagno in pieno centro. Insomma, un avvio del 2017 non proprio in linea con gli auspici di sviluppo, serenità e pace che avevamo formulato prima delle vacanze.

Per il nuovo governo si tratta di ulteriori preoccupazioni che vanno ad accentuare un percorso di per sé già tutto in salita. Non mancano però i buoni propositi e la voglia di fare del nuovo esecutivo che sin da subito – e questo ci è parso positivo – ha definito chiaramente i suoi obiettivi e le sue priorità con la conferma degli impegni sulla ricostruzione delle zone terremotate, sulla crescita economica e del lavoro, soprattutto dei giovani e delle donne, sul rilancio del Mezzogiorno, rispetto a cui il Presidente del Consiglio, nel ribadire che occorre fare molto di più, ha dato subito vita ad un dicastero ad hoc, sul contrasto alla povertà e sulle politiche di accoglienza di profughi e migranti che dopo la rivolta scoppiata nel centro di prima accoglienza di Cona richiede soluzioni rapide, efficaci e sostenibili.

Certamente, l’episodio di Cona, scatenatosi in seguito alla morte di una giovane ivoriana, è da condannare senza mezzi termini, la violenza non risolve mai i problemi anzi li moltiplica, ma questo non ci esime dal sottolineare il fatto che il nostro Paese, se da un lato primeggia nel salvare vite umane – e questo è un dato di fatto incontrovertibile e da tutti riconosciuto – dall’altro non riesce ad esprimere progettualità riguardo all’integrazione dei migranti che approdano sul nostro territorio, incapacità che induce nei cittadini una buona dose di sfiducia e aumenta la percezione di pericolo e di rischio per la sicurezza, percezione che spesso si traduce nell’inaccettabile ed ingiusta equazione, come l’ha definita il Presidente Mattarella nel suo Messaggio di fine anno, “immigrati uguale terroristi”. Queste persone aspirano a nuova vita, a costruirsi un futuro in maniera attiva e non restando mesi e mesi nei centri di accoglienza. In attesa che l’Europa prenda in mano la situazione, il nostro Paese non può rimanere fermo, occorre che guardi all’immigrazione non solo con il cuore ma anche e soprattutto con l’impegno, sia delle istituzioni che della società civile tutta, per assicurare a queste persone spazi di vita dignitosa. Si sta tentando in queste ore di dare qualche risposta concreta al problema attraverso la riapertura a livello regionale, e con dimensioni più gestibili, di nuovi Centri di identificazione ed espulsione (Cie) che però, considerata l’esperienza trascorsa, ci lascia un po’ perplessi.

Interessanti invece le iniziative di contrasto al traffico di esseri umani in collaborazione con i paesi di partenza. Come Coordinamento Nazionale Donne vogliamo ribadire a riguardo un pensiero particolare alla ragazza ivoriana morta – sarà la magistratura a fare piena luce sull’episodio – e a tutte le donne e i bambini che hanno perso la vita nel tentativo di raggiungere l’Europa e che continuano a fuggire dalla guerra e dalla miseria affrontando il freddo dell’indifferenza dell’Europa e quello pungente della stagione invernale. Sono loro gli anelli più deboli della lunga catena umana in cammino verso il nostro continente.

Su di essi, dunque, occorre concentrare maggiormente l’attenzione per assicurare loro giusta assistenza, servizi sociali fondamentali e adeguata sicurezza. Ai minori stranieri, specialmente quelli non accompagnati, è dedicata quest’anno anche la Giornata mondiale del migrante e del rifugiato della Cei che celebriamo oggi. Come ha detto Papa Francesco nel suo messaggio per la ricorrenza, i minori sono tre volte indifesi: “perché minori, perché stranieri e perché inermi”. Con questo invito, anche noi riprendiamo il nostro cammino nell’intento di contribuire a creare le condizioni per un’accoglienza adeguata e per una convivenza civile senza discriminazioni e foriera di pari opportunità per tutti.

Liliana Ocmin

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