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Immigrazione: è il tempo della giustizia

In questi mesi assistiamo a un esodo forzato che si riversa sulle coste siciliane, in fuga dalle epidemie – mentre scrivo è allarme Ebola –, dalla fame, dalla povertà, da guerre che mietono migliaia di vittime. Il fenomeno dell’immigrazione si innesta su una distribuzione iniqua dei beni della terra, su un’economia dell’esclusione e dell’inequità, su una finanza che molte volte uccide e fa vittime proprio tra i più poveri. Le migliaia di persone morte nelle traversate, tra cui bambini e mamme incinte, fanno notizia per qualche giorno. Per gli scafisti, lo sappiamo, sono solo strumenti di profitto. Ma i politici, soprattutto quelli europei, cosa stanno facendo per rimuovere le cause di questa emergenza umanitaria? Dice papa Francesco che “abbiamo dato inizio alla cultura dello scarto, che addirittura viene promossa”. La globalizzazione dell’indifferenza ci anestetizza, e tutte queste vite stroncate non ci scuotono più di tanto.

La Comunità Papa Giovanni XXIII ha accolto in questi mesi circa 200 profughi e sta per aprire a Reggio Calabria una casa per accogliere minori stranieri profughi non accompagnati. Una goccia nell’oceano del bisogno. Ma è tempo di interrompere le discussioni infinite, perché i poveri non possono più aspettare. “Chi prima capisce, prima è responsabile” richiamava don Oreste Benzi. San Giovanni Crisostomo diceva: “Non condividere i propri beni con i poveri significa derubarli e privarli della vita. I beni che possediamo non sono nostri, ma loro”. Nessuno ha le mani pulite di fronte ai poveri. I ricchi devono restituire ai poveri, aiutarli, rispettarli e sostenerli.

Benedetto XVI: “La Chiesa non può e non deve rimanere ai margini della lotta per la giustizia”. Ogni cristiano deve fare la sua parte, secondo le sue competenze e professionalità, per essere strumento di Dio per la liberazione e la promozione dei poveri, ascoltando il loro grido. Oggi questo grido arriva da questi fratelli e sorelle, famiglie e bambini che arrivano sulle nostre coste. Paolo VI diceva che “i più favoriti devono rinunciare ad alcuni diritti per mettere con maggiore liberalità i loro beni al servizio degli altri”. Le strutture della Chiesa devono essere in funzione degli ultimi.
Papa Francesco vuole una Chiesa povera per i poveri: “Dà fastidio che si parli di solidarietà mondiale, dà fastidio che si parli di distribuzione dei beni, dà fastidio che si parli di difendere i posti di lavoro, dà fastidio che si parli della dignità dei deboli, dà fastidio che si parli di un Dio che esige l’impegno per la giustizia”. Tutti gli uomini e donne di buona volontà sono chiamati a raccolta per costruire una nuova società. E’ il tempo della giustizia.

Giovanni Ramonda
Responsabile Generale della Comunità Papa Giovanni XXIII

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