Lo sport innegabilmente ha un sapore particolare, se vogliamo straordinario, perché attraverso lo sport, il mondo è cresciuto. Se vogliamo è strumento di pace, capace di avvicinare i popoli, razze, superare le barriere divistiche della politica, delle religioni. E così ci si appresta a festeggiare la sesta edizione della Giornata internazionale dello sport per lo sviluppo e la pace, voluta dall’Onu e celebrata proprio il 6 di aprile in tutto il mondo, in ricordo dell’inizio dei primi Giochi Olimpici dell’era moderna, quelli di Atene, 6 aprile 1986. L’Onu è stato il primo organismo a riconoscere i meriti dello sport di promuovere la pace nel mondo verso una socializzazione che solo su un terreno di gioco si può trovare.
Salvo eccezioni, che ancora oggi a volte mettono in discussione lo svolgimento di una gara. Guerre e conflitti politico-religiosi che lo sport prova a combattere. Lo sport ha fatto molto, anzi, moltissimo, per l’integrazione sociale e difendere valori e ideali. Lo sport insegna la disciplina, la lealtà e mette di fronte culture agli opposti che solo attraverso lo sport riescono a conoscersi e perché no, a rispettarsi.
Il vero conflitto dello sport, non è quello delle bombe, dei mortai, delle lotte politico religiosi che pure di vittime ne hanno fatte tantissime. Il vero conflitto dello sport è quello che nasce su un terreno di gioco, qualunque esso sia, per conquistare una vittoria, che è solo sportiva. Ed ecco perché l’Onu si aggrappa a questa data, quella del 6 aprile, per ribadire fratellanza, solidarietà e non violenza, legandosi a quel De Coubertin per il quale l’importante non è vincere, ma partecipare. Poi, i tempi sono cambiati, ma già la sola partecipazione a determinati eventi, rappresentava il massimo cui un atleta potesse ambire. Magari il sogno da materializzare nel vincerla.
Lo sport ha abbattuto ancor prima di Berlino, i muri dell’intolleranza, dell’ingiustizia sociale, iniziando da subito a diffondere nella gente di sport i valori della pace, della fratellanza. Una giornata, quella di oggi, per il secondo anno consecutivo, che arriva in piena pandemia coronavirus, quel nemico che non è quello del terreno di gioco, ma quello subdolo, da battere, in una partita da vincere tutti insieme. Lo scorso anno, in piena pandemia, contro un avversario sconosciuto, che aveva costretto a modificare il nostro stile di vita, costretto a rinviare europei di calcio e soprattutto le olimpiadi di Tokio, proprio Papa Francesco, aveva rilanciato i valori dello sport nell’Angelus della domenica delle Palme: la resistenza, lo spirito di allontanare il male, la fratellanza tra i popoli.
Parole che ancora oggi echeggiano nelle menti della gente di sport, che ha continuato a guardare avanti. Il nemico stavolta, non è stato ancora battuto, ma la strada imboccata dall’umanità, è quella giusta. E quei grandi eventi, europei di calcio e olimpiadi, torneranno ad essere, magari con una piccola ma sostanziosa presenza di gente negli impianti. La vita va avanti anche se in un contesto di continue inquietudini e incertezze. Il mondo che si ritrova nei social a combattere, tutti sotto la stessa bandiera, perché il Covid ci ha avvicinati ancora di più. E proprio attraverso i social, il dipartimento per lo sport ha promosso una iniziativa sostenuta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Un webinar dal titolo “Stronger, fairer physical activity and sport systems for all”, cui tutti possono partecipare attraverso una registrazione sul sito governativo. Un modo per tenersi per mano anche se lontani. E stavolta, non solo pace, fratellanza, ma lo sport come strumento di rinascita. Di tutto il mondo.