Intervento

L’esempio dell’umile ministero di Giovanni Paolo II

Questi miei pensieri sul pontificato di Papa Giovanni Paolo II e la relazione con la Chiesa ortodossa bulgara sono ispirati dal motto delle sue parole: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo! Alla sua salvatrice potestà aprite i confini degli stati, i sistemi economici come quelli politici, i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo. Non abbiate paura! Cristo sa cosa è dentro l’uomo. Solo lui lo sa!”.

Sono le parole con cui il 22 aprile 1978 Karol Wojtyla inaugurava il suo pontificato. Io queste parole le ho meditate non solo con gli occhi di un ricercatore e analista dei fatti complessi e infinitamente interessanti legati alla vita e all’opera di papa Wojtyla, ma anche con il cuore di un chierico che lo ha incontrato personalmente durante i suoi studi a Roma dell’anno 2002 (presso il Pontificio Istituto Orientale e all’Almo Collegio Capranica) e come interprete nella sua visita in Bulgaria durante l’incontro con i rappresentanti del Santo Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara.

Sentendo il potere spirituale del grande papa slavo San Giovanni Paolo II, devo dichiarare che lui ha aiutato la Bulgaria e tutti i cristiani in questo paese in un momento così importante ed emblematico della storia contemporanea della Bulgaria, legato al suo passato, presente e futuro. Per questo sono spinto dal desiderio di mostrare e analizzare oggettivamente alcuni fatti importanti che sono noti o sconosciuti alla società, ed è la linea principale della mia ricerca; d’altra parte, presentare alcuni dati che non sono così ben noti al pubblico e che sarebbero interessanti. Allo stesso tempo, dico onestamente che è difficile costruire un’analisi autentica e obiettiva, che è stata una grande sfida per me, ma non mi ha scoraggiato nel cercare la verità sui processi che hanno avuto luogo durante il pontificato di papa Wojtyla e sullo sviluppo della Bulgaria e dei cristiani che vi abitano.

A causa dei molti e diversi tipi di informazione, lo studio proposto qui si limita solo al contesto delle relazioni ecclesiastiche e statali tra la Bulgaria e la Santa Sede, poco prima, durante e poco dopo il pontificato di Papa Giovanni Paolo II, creando connessioni logiche, analisi e sintesi, alcuni dei fatti, eventi e personalità importanti per la storia di queste relazioni. Giovanni Paolo II si è inchinato alla tradizione della Chiesa bulgara e alla sua testimonianza cristiana. All’inizio sapevo che l’opportunità per Papa Giovanni Paolo II di visitare la Bulgaria avrebbe in qualche modo legato anche me personalmente l’uno all’altro, il che avrebbe favorito i rapporti tra le due Chiese – la Chiesa ortodossa bulgara e la Chiesa cattolica romana.

Sono stato presentato per la prima volta al papa nella Basilica di Santa Maria Maggiore a Roma. È stato un incontro molto emozionante. Il mio rettore di allora, arcivescovo Michele Pennisi, adesso vescovo di Monreale, mi ha presentato personalmente al papa e lui mi ha detto in bulgaro: “Ci vediamo in Bulgaria!”. In effetti, ho avuto l’onore di accompagnarlo e di essere il suo interprete durante il suo incontro alla Basilica patriarcale di Sant’Alexander Nevski e presso il Santo Sinodo della Chiesa ortodossa bulgara. Certo, prepararsi per una tale visita è stato molto interessante e allo stesso tempo molto difficile, poiché si trattava di una visita con una duplice missione – l’arrivo del papa, allo stesso tempo vescovo di Roma, capo della Chiesa cattolica, e capo del Vaticano. Nella Basilica patriarcale lui si inchinò davanti alle reliquie di Sant’Alexander Nevsky, pronunciando la sua prima dichiarazione ufficiale presso l’altare dedicato ai Santi Fratelli Cirillo e Metodio, nella quale si è indirizzato a tutto il mondo e ha ribadito la dignità dei Santi Fratelli nel processo di integrazione di tutti quei popoli del Medioevo che dovevano essere riconosciuti a livello globale. Giovanni Paolo II si inchinò alle reliquie di San Ioan di Rila al Monastero patriarcale di Rila e nel suo importantissimo discorso sul monachesimo per la prima volta in un paese ortodosso di fronte a tutto il mondo mostrò la dignità del monachesimo nella persona dell’umile ma grande santo bulgaro Ioan di Rila, facendo un’analogia con il grande San Benedetto da Norcia.

La visita di Papa Giovanni Paolo II mi ha mostrato non solo un esempio di umile ministero davanti alla Chiesa di Cristo, ma anche un esempio di una persona che, con l’autorità che portava, ha contribuito a elevare l’autorità di tali nazioni come quella bulgara. La visita di papa Giovanni Paolo II è stata importante sia in termini politici sia in relazione all’identità culturale del popolo bulgaro, alla sua integrazione nell’UE e nel mondo intero, e soprattutto a causa della testimonianza dello spirito di fratellanza del popolo bulgaro e della tradizione della Chiesa bulgara. In effetti, Giovanni Paolo II si inchinò alla tradizione dell’Ortodossia bulgara, perché è quella che ancora oggi conserva le prove del cristianesimo tra i popoli slavi dei Balcani. Ma possiamo dire che a seguito della sua visita sono nate molte iniziative positive, anche in termini di attività sociale. Ad esempio, sono nate alcune associazioni e fondazioni che supportavano molti bulgari, giovani, persone disabili, studenti, insegnanti ecc. La sua missione era anche quella di aprire le porte del bulgaro al mondo.

Papa Giovanni Paolo II è stato eccezionale nella sua missione come padre dei giovani e dei bisognosi in tutto il mondo. La pratica di condurre il culto pubblico e gli incontri dei giovani in tutto il mondo, dove è presente il Papa, ha effettivamente permesso allo sviluppo, alla crescita, alla formazione della personalità di coloro che hanno problemi a livello globale, di trovare una speranza attraverso la predicazione del papa slavo e attraverso la testimonianza del Vangelo. Non dimenticherò il fatto svoltosi durante le celebrazioni del anno 2000 dalla Nascita di Cristo, allorchè il papa si rivolse al mondo intero, in particolare ai giovani, con le parole: “Non abbiate paura di testimoniare il Vangelo!”. Ciò ha aiutato i giovani ad avere fiducia e speranza nonostante i problemi del mondo odierno. Fidarsi della testimonianza di un uomo anziano, un vescovo della Chiesa, ma allo stesso tempo, un giovane di spirito che ha dato la vita nel nome del Vangelo, nel nome di Gesù Cristo. Ciò che Giovanni Paolo II li chiamava a fare non era aver paura di essere cristiani e di dimostrare il potere della predicazione evangelica di Gesù Cristo, che disse: “Io sono la Via, la Verità e la Vita”.

Don Ivan Ivanov, Professore Ordinario Università di Sofia, Facoltà di teologia

don Ivan Ivanov

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