Ragazzi di buona famiglia, puliti profumati e istruiti. Da loro ti aspetti modi gentili ed educati, e se li vedi nel contesto familiare è esattamente ciò che trovi. Presi singolarmente infatti sono degli angioletti, ma in gruppo si trasformano in branco: violenti, ostili, e sostanzialmente vigliacchi.
Fosse la scena di un film potremmo sentirci sollevati e parlare di finzione, ma è la descrizione della gang sgominata nel Padovano, che ha visto protagonisti un nutrito gruppo di minorenni, nei diversi ruoli di vittima o carnefice. Solo l’ultima, di una serie.
E allora vale la pena riflettere su ciò che sta accadendo, sul perché succede. Liquidare la cosa con “è sempre accaduto” è l’errore più grande, perché implicitamente vuol dire ammettere che la società non è stata in grado di crescere come collettività, di porre rimedi; sarebbe il primo passo per deporre le armi.
Invece la questione è tutta nuova, perché i fenomeni di bullismo sono in aumento, si diversificano tra l’aggressione fisica e quella psicologica, usano le mani per sferrare pugni reali o virtuali, utilizzando una tastiera per far male. Ed è questa la parola sulla quale vale la pena soffermasi: il “male”.
Non c’è motivo, “movente” se vogliamo dirla alla poliziesca, per giustificare certi comportamenti. C’è solo il gusto perverso di fare del male, ovviamente in gruppo e altrettanto ovviamente contro i più deboli, perché è più facile. Colpire senza corre rischi, per vedere l’effetto che fa. E arriva la scarica di adrenalina, che si condivide via social, per far vedere a tutti quanto si è stato in grado di “distruggere”, come fosse un modo per ritagliarsi uno spazio nella società. Quasi fosse un grido disperato per dire “esisto, guardatemi“.
Il male per fare il male, è l’inevitabile approdo dei giovani in una società distratta, senza più valori, dove la vita umana – partendo da quella in embrione – non vale più nulla, dove l’aborto è una pratica ambulatoriale. Siamo bombardati da videogiochi di sangue e morte, feste di mostri e fantasmi, dibattiti sui presunti diritti di chi è forte (vedi adozioni per coppie gay) dimenticando quelli di chi è debole (ossia i bambini stessi).
Non è un calderone di cose diverse e distinte, ma è l’immagine poliedrica della società attuale. Con questi presupposti, perché dovrebbe sorprendere che un adolescente non percepisca il limite tra bene e male? Perché dovrebbe capire l’orrore del sangue? Se i deboli devono soccombere, perché non farlo?
Una volta c’era il contesto familiare (positivo o negativo) a fare da discriminante in una società che proseguiva per punti certi. Oggi non è più così, siamo immersi in un brodo primordiale dove gli istinti stanno riprendendo il predominio su cuore e ragione. Recuperare i valori è il primo passo da fare, nessuno si senta escluso.
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