Fitch ha ridotto l’outlook sul rating sovrano della Cina a ‘negativo’ a causa dei rischi finanziari associati alla crisi immobiliare e alle incertezze nell’adozione di nuovi modelli di crescita economica. Si prevede un aumento del disavanzo pubblico al 7,1% del Pil nel 2024, il livello più alto dal 2020, principalmente a causa delle restrizioni anti-Covid imposte da Pechino.
Fitch ha tagliato il suo outlook sul rating sovrano della Cina a ‘negativo’ a causa dei rischi legati alle finanze pubbliche mentre l’economia è alle prese con le maggiori incertezze nel passaggio a nuovi modelli di crescita, nel pieno della crisi immobiliare. L’agenzia di valutazione stima che il disavanzo pubblico debba salire al 7,1% del Pil nel 2024 (dal 5,8% del 2023), al livello più alto dall’8,6% del 2020, alimentato dalle rigide misure anti-Covid di Pechino. Pur avendo rivisto al ribasso l’outlook, indicando quindi che un downgrade è possibile nel medio termine, Fitch ha tenuto il rating Idr della Cina ad ‘A+’.
Fitch, si legge in una nota, prevede che la crescita economica della Cina rallenterà al 4,5% nel 2024 dal 5,2% del 2023, a dispetto di Citi e del Fmi che hanno rivisto entrambi al rialzo le loro previsioni sul Dragone. La produzione industriale e le vendite al dettaglio cinesi hanno superato le attese nel periodo gennaio-febbraio, unendosi alle esportazioni migliori del previsto e agli indicatori sull’inflazione al consumo, fornendo un primo impulso alle speranze di Pechino di raggiungere quello che gli analisti hanno descritto come un ambizioso obiettivo di crescita del Pil di “circa il 5%” per l’anno in corso.
“La revisione delle prospettive riflette i rischi crescenti per le finanze pubbliche della Cina mentre il Paese si confronta con prospettive economiche più incerte nel mezzo di una transizione da una crescita basata sul settore immobiliare a quello che il governo considera un modello di crescita più sostenibile”, hanno rilevato gli analisti di Fitch. A dicembre era stata la volta di Moody’s, cge aveva lanciato un avvertimento al ribasso sul rating creditizio del Dragone, citando i costi per salvare i governi locali e le imprese statali dai loro debiti, e la persistente crisi immobiliare. Motivazioni, tuttavia, che furono tutte duramente contestate da Pechino.
Fonte: Ansa
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