Editoriale

Quei tetti di cristallo che ancora ostacolano le donne

Si parla tanto di questione femminile, di parità  di genere e libertà  della donna. Su questi argomenti si dice tutto e il contrario di tutto, restando spesso in superficie, ragionando per categorie, talvolta superate dal tempo e tralasciando le vere esigenze: cosa desidera oggi una donna? Di cosa ha bisogno per sentirsi pienamente emancipata?

Probabilmente ognuna avrà  la sua personale risposta. C’è chi si sente libera e realizzata diventando moglie e mamma, chi diventando una top manager e chi facendo entrambe le cose.

Perché il punto è proprio questo: la possibilità di scegliere cosa poter fare della propria vita. E’ questa l’essenza della libertà per ogni persona ed è il mezzo per arrivare a superare le discriminazioni dovute al genere. Dunque questo per una donna significa non dover scegliere tra la famiglia e la carriera.

Nei giorni scorsi è arrivata la decisione della Cassazione su una vicenda che tocca da vicino tutte le donne, è la storia di Stefania, una ricercatrice esclusa dalla proroga del contratto al suo rientro in servizio dopo il periodo di assenza per maternità, mentre tutti i suoi colleghi l’hanno ottenuta, accedendo così alla procedura di “stabilizzazione” a tempo indeterminato, come previsto per gli enti pubblici di ricerca da una legge finanziaria di qualche anno fa. Il caso è finito in tribunale, ma la Corte di Appello di Roma ha negato che ci fosse stata una discriminazione nella mancata assunzione, ponendo a carico di Stefania l’onere di prove impossibili da dare. Su questo è intervenuta la Cassazione, ricordando che “un rifiuto d’assunzione per motivo di gravidanza di una lavoratrice pur giudicata idonea a svolgere l’attività  di cui trattasi, rappresenta una discriminazione basata sul sesso in contrasto” con la direttiva Ue 76/207 sulla parità  di trattamento uomo-donna.

Inoltre la Cassazione ha affermato che nei casi dove si lamenta discriminazione è il datore di lavoro a dover dimostrare di essersi comportato correttamente senza favorire o danneggiare in base al genere. Ora un diverso collegio della Corte di Appello di Roma dovrà  riaprire il caso e decidere diversamente applicando i principi indicati dalla Cassazione.

La storia di Stefania quindi andrà  avanti e speriamo possa essere a lieto fine, ma ciò che le è capitato è emblematico per affrontare in concreto la parità  di genere. Bisogna rimuovere questi tanti “tetti di cristallo” che ostacolano la vita di una donna che vuole solamente vivere pienamente il suo tempo.

Susanna Lemma

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