Editoriale

Il significato dell’Ascensione di Gesù al cielo

Gesù, dopo essere apparso risorto, ascende al cielo glorificando così la nostra natura: ci libera dal potere della morte, ci salva dalla superbia che ci vuole rendere schiavi con le opere morte. «Grande è la misericordia di colui che ascese in alto e fece prigioniera la prigionia (Ef 4,8). Che cosa significa fece prigioniera la prigionia? Uccise la morte. La prigionia è prigioniera: la morte è morta» (Agostino, Discorso 261, per l’Ascensione del Signore).

Eppure, anche se Cristo è risorto, si è manifestato ai discepoli, ha parlato con loro, li ha incoraggiati… ci sono alcuni che ancora dubitano: non è il dubbio che Lui fosse Risorto, lo vedevano in quel momento davanti a loro, è il dubbio di riuscire a farcela senza di Lui, di rimanere senza il Suo sostegno, la sua presenza. Lo stesso dubbio tante volte può assalire anche noi: “Ma come faccio io a vedere Gesù, come posso sentire la Sua presenza?”.

Gesù non è salito al Cielo e ci ha abbandonato, ma ha inviato il Suo Spirito, la garanzia della Sua presenza in noi che ci permette di fare opere, di testimoniarlo vivo con la nostra vita. La Pentecoste, che concluderà domenica prossima il tempo di Pasqua, è il dono agli uomini dello Spirito Santo. Un dono che si ripete ogni giorno per chi lo voglia: Cristo ci ha lasciato il Paraclito, il nostro difensore e Consigliere, il nostro Consolatore, perché Gesù sapeva bene che da soli non avremmo potuto far nulla!

Siamo chiamati a difendere lo Spirito di Cristo, a custodire in noi lo Spirito Santo perché con Lui ci viene dato ogni potere di continuare le Sue opere di vita eterna! Abbiamo con Lui il potere di testimoniare nella nostra vita l’Amore di Cristo, di annunciare a coloro che non lo conoscono che esiste davvero l’Amore: un Amore che non si dimentica di noi, mai, che non tradisce, non si offende, non pretende nulla ma ci accetta così come siamo perché è più forte di tutte le nostre povertà.

mons. Antonio Interguglielmi

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