Lo scorso 3 gennaio è stato pubblicato dal Ministero della Salute il Rapporto sulle Tossicodipendenze relativo all’anno 2022 elaborato dal Sistema Informativo Nazionale delle Dipendenze. Alcune delle informazioni pubblicate rendono necessaria una riflessione sugli strumenti e le strategie da adottare per combattere le dipendenze in modo efficace.
In primo luogo, dall’analisi dei dati sembra rilevante che circa l’86% degli utenti che i servizi per le dipendenze italiani assistono sono già in carico o rientrati dagli anni precedenti. Le dipendenze, la crescente offerta di sostanze e la facilità di reperimento delle stesse aumenta in modo esponenziale il rischio di ricadute. Questo dato dimostra, allora, la evidente difficoltà di uscire dalle dipendenze: la cura e la riabilitazione hanno bisogno di tempo e di un approccio multidisciplinare che consenta ai pazienti di ritornare alle proprie vite con il minor rischio possibile di ricaduta. Al contempo l’offerta di una pluralità di sostanze stupefacenti, peraltro sempre nuove e sempre più pericolose per gli utenti, dovrebbe trovare una adeguata strategia di repressione, funzionale a ridurre la reperibilità di tali sostanze.
Nello stesso senso sembra orientare anche un altro dato: dal rapporto si ricava che sono operanti in Italia 573 Servizi pubblici per le Dipendenze e che tra le figure professionali gli infermieri rappresentano il 31,5% del totale (6.397 unità), seguiti dai medici (20,7%), dagli psicologi (14,7%), dagli assistenti sociali (13,5%), dagli educatori professionali pari (10,3%) e dagli OTA/OSS con il 2,1%. Ebbene è noto che l’attività principale dei Ser.D riguarda la cura, la prevenzione e la riabilitazione delle persone che hanno problemi di dipendenza, tuttavia la riabilitazione delle persone affette da dipendenze necessita di approccio multidisciplinare ove insieme al fondamentale ruolo dei professionisti sanitari assume rilievo, altrettanto importante, il ruolo di sociologi, legali ed economisti che possano coadiuvare le attività di cura per consentire a chi ne ha bisogno di uscire in modo effettivo dalla spirale delle dipendenze.
Non si può dimenticare, infatti, che le dipendenze generano danni non solo alla salute ma anche alla vita sociale, lavorativa e familiare delle persone che ne sono affette. La riabilitazione di queste persone non può dunque basarsi esclusivamente sulla cura sanitaria della persona, ma deve comprendere anche la risoluzione delle problematiche sociali, legali ed economiche che le dipendenze hanno portato o aumentato. Una strategia efficace dovrebbe considerare la possibilità che i servizi per le dipendenze abbiano la disponibilità anche di tali figure professionali, che, lavorando a stretto contatto con i professionisti sanitari, possono offrire rimedi e ausili per il reinserimento dei pazienti in società.
Altro aspetto da analizzare con attenzione è quello relativo all’età degli utenti dei servizi per le dipendenze. Il rapporto segnala che per gli utenti totali le classi di età più frequenti sono quelle comprese tra i 35 e i 54 anni ma nei nuovi utenti le età più rappresentate sono quelle tra i 20 e i 44 anni. Dunque i nuovi utenti risultano più giovani con un’età media di 35,9 anni rispetto ai 43,4 degli utenti già in carico o rientrati. Ciò dimostra che l’uso delle sostanze stupefacenti non solo non è diminuito ma attrae sempre di più i giovani. La crescita dell’abuso di sostanze nei giovani dimostra che le campagne di informazione e sensibilizzazione sinora portate avanti non hanno sortito l’effetto sperato. E’ necessario che tutte le istituzioni, famiglie, scuole, università, federazioni sportive, enti del terzo settore siano promotori della lotta alle dipendenze. Senza il coinvolgimento di tutti i settori e di tutte le istituzioni la lotta alle dipendenze continuerà ad avere armi spuntate.
Sembra quindi che ad oggi la autorità debbano muoversi seguendo due principali direttrici: da un lato assicurare una terapia delle dipendenze multidisciplinare e integrata, che assicuri la cura effettiva dei pazienti e riduca, per quanto possibile, il rischio di ricadute; e dall’altro lato, una più efficace campagna di conoscenza e informazione che sia in grado di arrivare a giovani e giovanissimi e che li renda edotti degli enormi rischi correlati all’uso e all’abuso di sostanze.
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