Editoriale

L’unico modo per alimentare gli sforzi per il disarmo nucleare

Settantasette anni fa l’umanità conosceva la capacità di annientamento delle armi nucleari. La mattina 6 agosto del 1945 Hiroshima veniva cancellata dalla bomba atomica Little boy, tre giorni dopo l’aviazione degli Stati Uniti sgancia un altro ordigno atomico su Nagasaki. Le due esplosioni provocano oltre 210mila morti stando alle stime più ottimistiche. Il mondo entrava nell’era atomica nella maniera più sconvolgente, da quel momento in poi la deterrenza o l’incubo nucleare (a seconda di come si voglia vedere la prospettiva di una guerra con l’uso dell’atomica) ha accompagnato tutta la guerra fredda e il peso geopolitico degli Stati che si sono dotati di armi nucleari.

I fantasmi evocati dall’esistenza di armi che possono eliminare ogni traccia dell’essere umano erano quasi evaporati con la caduta del comunismo e la fine dei blocchi contrapposti. Ma prima le minacce del terrorismo internazionale, poi le dimostrazioni muscolari del regime della Corea del Nord con i test balistici nel mar del Giappone e infine il conflitto in Ucraina con il governo russo che ha più volte evocato la deriva nucleare in caso di intervento diretto della Nato, hanno fatto riemergere con forza la paura per la minaccia dell’atomica. In un mondo multipolare la corsa agli armamenti nucleari può uscire facilmente fuori dalla logica della deterrenza e dei blocchi controllati dalle superpotenze, basta pensare alla sfida dei test atomici intrapresa da India e Pakistan, due avversari su scala regionale che non rispondono ai richiami internazionali.

Insomma nessuno può sentirsi al sicuro finché non ci sarà un mondo libero dalle armi nucleari e di questo ne è completamente consapevole Papa Francesco e la diplomazia della Santa Sede che negli ultimi anni hanno più volte ribadito che non solo l’uso ma anche il semplice possesso di armi nucleari è “immorale”. Il pontefice lo scorso 21 giugno è tornato ad esprimere questi concetti con un messaggio all’ambasciatore Alexander Kmentt, presidente della prima riunione degli Stati membri del Trattato sulla proibizione delle armi nucleari, adottato nel 2017 dalla Conferenza delle Nazioni Unite. Francesco ribadisce l’urgenza del disarmo, definito “obiettivo impegnativo e lungimirante” ed esorta a rispettare gli accordi internazionali che “non sono una forma di debolezza, ma fonti di forza”.

Secondo Francesco il prezzo della proliferazione delle armi nucleare e dell’inosservanza dei trattati “è inevitabilmente pagato con il numero di vite innocenti e misurato in termini di carneficine e distruzione”. Il Papa coglie il punto cruciale della detenzione di armi nucleari parlando di un’illusione che fornisce una pace di sorta, un equilibrio del terrore. Nel 2019 il Papa ha visitato di persona Hiroshima e di Nagasaki ed ha incontrato i sopravvissuti di “quell’abisso di dolore”. Vedersi come fratelli di un destino comune è quindi l’unico modo efficace per alimentare gli sforzi per il disarmo. 

Marco Guerra

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