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I fabbricanti di schiave

Nel 1989, quando il prete dalla tonaca lisa, don Oreste Benzi, esclamava che le donne sfruttate sui marciapiedi d’Italia erano tutte schiavizzate, riceva derisioni e assalti di ogni genere. Addirittura certi movimenti femministi lo insultavano rivendicando il diritto della donna a prostituirsi. Sono passati 27 anni e oggi, con diverse di quelle femministe, si porta avanti la lotta a favore della donna da liberare dalla violenza sessuale e dalla prostituzione.

Ci sono voluti alcuni decenni per ascoltare, anche da loro, che è una falsa libertà quella di prostituirsi. E quindi oggi le italiane ascoltano la voce di tante altre donne europee – non cattoliche e quindi non del Vaticano – impegnate nei propri Paesi al fine di contrastare i clienti e quindi la domanda della prostituzione. Ieri a Montecitorio ho ascoltato autorevoli esponenti di Svezia, Norvegia, Francia spiegarci il valore supremo della dignità umana, l’incompatibilità della prostituzione con la libertà della persona e soprattutto la violenza che viene sempre espressa quando più uomini ogni giorno chiedono sesso a una stessa donna. E così abbiamo ricordato il dramma che si consuma sulle nostre strade, un fenomeno quadruplicato a causa delle organizzazioni criminali che portano le ragazzine nigeriane nella nostra penisola con l’unico obiettivo di ridurle in macchinette per fare soldi veloci da reinvestire nella compravendita di droga e armi.

Un mercato sciagurato dove il cosiddetto cliente diventa di fatto corresponsabile; infatti è la domanda che produce un’offerta così smisurata e quindi coloro che richiedono persone giovanissime per soddisfare i propri turpi sfoghi sono complici e benefattori del racket. La proposta di legge sulla punibilità del cliente della deputata Bini e della senatrice Puglisi – presentata da entrambe nelle rispettive Camere – è una speranza per chi porta delle catene che da solo non potrà mai spezzare. Lo Stato, il Parlamento deve mettersi dalla parte di chi deve essere liberato e quindi mobilitarsi affinché non ci siano più persone ridotte in stato di schiavitù.

Il contrasto a questa piaga è fondamentale a partire dal cuore, dalla coscienza di ognuno che, al di là delle logiche di partito o altro, dovrebbe chiedersi: e se un giorno le nostre figlie o nipoti dovessero diventare come le vittime abbandonate e sole di oggi? Coloro che vogliono riaprire i bordelli o non conoscono il reale fenomeno della criminalità organizzata oppure sono in malafede. L’unica via per liberare le donne schiavizzate dalla prostituzione è unirsi come un vero popolo che si mette dalla parte di chi è drammaticamente dimenticato. Questa piaga vergognosa può essere realmente estirpata ma ci vuole la volontà; l’Italia può dimostrare di avere lo spirito giusto per farlo senza speculare né investire sugli oppressi… loro, queste creature indifese non possono più aspettare.

don Aldo Buonaiuto

Fondatore e direttore editoriale di In Terris, è un sacerdote della Comunità Papa Giovanni XXIII. Da anni è impegnato nella lotta contro la prostituzione schiavizzata

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