Editoriale

La nuova frontiera dell’obiezione di coscienza

Nell’incontro che Papa Francesco ha avuto giorni fa con i partecipanti al Congresso promosso dalla Società Italiana di Farmaceutica Ospedaliera e dei Servizi Farmaceutici alle Aziende Sanitarie (SIFO), ha – fra l’altro – evidenziato la “via etica”, sottolineandone la duplice valenza, sul piano personale e su quello sociale”.

Al centro dell’azione del professionista sanitario c’è la persona, di cui va perseguito sempre il bene primario, ovvero la vita in ogni condizione, contrastando la cultura dello scarto: vale per i bimbi nel seno materno, vale per gli anziani al termine della loro esistenza, passando per tutte quelle persone che si trovano in una condizione di grave fragilità.

Papa Francesco indica la “vicinanza” come approccio di cura della persona, io amo definirla “prossimità”, che – come ci ha insegnato lo stesso Santo Padre nell’Enciclica Fratelli tutti – è un moto verso l’altro, è un farsi prossimo che consente di vedere nell’altra persona un essere da accogliere e tutelare ad ogni costo.

La Prossimità è contro ogni forma di privazione della vita, in ogni condizione di vita. Rappresenta oggi una nuova frontiera di “obiezione di coscienza” contro quella cultura dello scarto che sta pervadendo tutti i luoghi di vita e di cura.

Obiettare perché tutte le persone abbiano la medesima dignità, abbiano una casa, abbiano cure efficaci, abbiano possibilità di educazione e formazione, abbiano un lavoro e un salario equo, vivano in città accoglienti, è la forma più alta di carità umana, pretende una giustizia umana e rimuove alla radice le cause che la inibiscono. Perché ciò avvenga, occorre però unire alla competenza la capacità di ascolto e di accoglienza, superare il concetto di prestazione per entrare nella logica della prossimità.

In questa dimensione etica, le parole di Papa Francesco risuonano limpidamente: bisogna obiettare, non si può mettere in discussione la vita mai, togliere la vita o facilitare la morte è omicidio. Nel mondo delle libertà contro la vita, questa nettezza nelle posizioni di Papa Francesco risuona quasi come un “insulto” e il mondo – inclusa una parte dei cattolici – sbuffa, si stufa, si stizzisce, continuando a commettere imperterrito quell’omicidio di innocenti in maniera seriale.

Condannare l’aborto o l’eutanasia non vuol dire affatto essere lontani dalla realtà o dalla cultura dominante, non vuol dire mancare di carità o misericordia. Anzi, è forse la misericordia più grande, il commiserare portando insieme la croce della sofferenza e della disperazione fino all’ultimo battito. A questa misericordia ci richiama Papa Francesco, una misericordia che l’indifferenza e la superficialità dei sentimenti hanno reso un sentimento ridicolo e che, viceversa, fonda ogni relazione umana.

Non è mancare di carità dire la verità, anche con toni forti, netti. Non manca di carità il Pontefice più misericordioso del mondo se chiama le cose con il nome che hanno e per ciò che sono. L’atto è sempre distinto da chi lo compie e si può essere misericordiosamente giusti anche con un omicida proprio solo perché si chiama l’omicidio con il nome che ha: se non lo si fa, la misericordia non è tale.

A coloro che parlano di rispetto verso l’altro, dico che il massimo rispetto si ha nei confronti di quell’altro che ti entra nel cuore a causa della sua fragilità e che tuteli in ogni momento, soprattutto quando la fragilità faciliterebbe la sua morte.

Chiedendo l’istituzione della “Giornata della vita nascente”, don Oreste Benzi ebbe a sottolineare come il problema è che il figlio «viene eliminato se non programmato e viene ricercato a tutti i costi se non arriva». Gli stavano a cuore tutti gli esclusi, tutti gli scarti della società, ma sentiva che la vita nel grembo materno era quella più a rischio e, se vogliamo, quella più facile da eliminare.

Negli ultimi due anni, quelli della pandemia, abbiamo assistito alla “strage” degli anziani, quasi sempre ricoverati in strutture sanitarie che avrebbero dovuto tutelarli più di altri. Ma sono aumentati anche i delitti d’impeto, le violenze fra giovani, e tante altre forme di prevaricazione violenta fra esseri umani.

Molte sono le vie diaboliche dell’animo umano, che si preoccupa del successo personale e non altrettanto del bene comune. La via etica della misericordia è l’unica che può purificare l’animo e costruire una società nuova, delle dignità e dei diritti.

Edoardo Barbarossa

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