Editoriale

Fermare la guerra in Ucraina per proteggere la civiltà

Il problema della guerra in Ucraina, secondo papa Francesco, è legato al ruolo degli “imperi” che ci sono nel mondo, e non solo quello russo. E aggiunge: “La terza guerra mondiale è in corso ed è cominciata a pezzetti e adesso nessuno può dire che non è mondiale. Perché le grandi potenze sono tutte invischiate. E il campo di battaglia è l’Ucraina. Lì lottano tutti”.

A fronte dei gravi problemi che stanno tragicamente manifestandosi oggi – basti pensare appunto alla guerra in Ucraina – non basta per i credenti sostenere un pacifismo di testimonianza, che da solo non sarebbe in grado di far avanzare la causa della pace. Il pacifismo di semplice testimonianza rischia di coltivare il sogno di eliminare la guerra dal mondo senza distruggere il mondo della guerra. Occorre, invece, decisamente impegnarsi sulla via di una non violenza pacifica, attiva e creatrice. Ossia una via che non solo condanna la guerra, ma che costruisce alacremente la pace.

È la via di un nuovo pacifismo, il cui slogan potrebbe essere espresso così: se vuoi la pace, prepara istituzioni di pace. Detto in altro modo ancora: “si vis pacem, para civitatem”. La guerra va sconfitta predisponendo, a livello spirituale, sociale, economico, politico ed istituzionale, tutto ciò che la previene o la rimuove. La Chiesa, posta al servizio del «regno di Dio», regno di giustizia e di pace, non può esimersi dall’impegno dell’annuncio e della testimonianza del «Vangelo della pace», che, tra le sue necessarie articolazioni, ha l’annuncio e la testimonianza della nonviolenza-per-la-pace. La comunità cristiana è cosciente che tale missione, suo diritto e dovere, le deriva dalla costitutiva, seppur incompleta su questa terra, unione con Gesù Cristo, Salvatore e Redentore, Principe della pace. Egli ha portato a compimento la legge antica, radicando l’ethos della nonviolenza nel modo di agire del Padre da Lui stesso rivelato (Mt 5, 43-45).

Chiamata a «prolungare» l’opera e l’insegnamento del Signore Gesù, che ha rinunciato alla strategia della violenza, predicando e realizzando la giustizia dell’amore attivo e creativo, per liberare l’uomo peccatore dalla spirale della violenza e dell’iniquità, la Chiesa è consapevole che la verità e l’efficacia di questo suo compito dipendono radicalmente dall’annuncio della salvezza operata da Gesù Cristo e dall’effettiva partecipazione ad essa, mediante la conversione al suo amore, alla sua giustizia, alla sua misericordia, al suo perdono, alla sua nonviolenza. Per la Chiesa, l’impegno per la pace e per la nonviolenza è da abbracciarsi in qualità di figli nel Figlio, di discepoli di Gesù, che unifica tutti i popoli in un’unica famiglia, proprio nel momento in cui viene innalzato sulla croce, in atto di opposizione strenua al male e di dono totale al Padre per la redenzione dell’umanità.

Tale impegno è da viversi per fede, nella carità, con speranza. Annunciando Gesù Cristo, l’Uomo Nuovo, l’Uomo non violento per eccellenza, e facendo vivere i credenti in comunione con Lui, in Lui e per Lui, il «ricapitolatore» di tutte le cose, la Chiesa si costituisce, connaturalmente, segno efficace e testimonianza profetica della pace e della nonviolenza. E ciò, per un’opera magnifica e grande, mai conclusa, che attraversa tutte le genera-zioni, sino alla fine dei tempi. Nel campo dei rapporti umani, la missione evangelizzatrice della Chiesa, si articola nell’annuncio del «Vangelo della pace e della nonviolenza», e, contemporaneamente, nella denuncia della pace falsa, della menzogna, dell’ingiustizia, dell’odio fratricida, delle guerre. L’annuncio ha il suo centro naturale nella proclamazione del «regno di Dio», alleanza riconciliatrice fra Dio e l’uomo, e di Gesù Cristo, Messia di pace e di nonviolenza. Questo annuncio va sempre unito alla proclamazione dell’evento-Cristo, perché il regno di Dio, che trasforma i rapporti umani, tanto più si allarga quanto più il Signore, venuto per instaurarlo, è accolto (cf Rm 16).

Gesù Cristo dilata i confini del Regno vincendo il peccato, fonte ultima delle violenze e delle guerre omicide, e riconducendo l’umanità all’obbedienza della Legge divina e alla pacificazione. È, quindi, parte integrante dell’annuncio del «Vangelo della pace e della nonviolenza», l’appello a ritornare a Dio, ad aprire le porte a Cristo, ad accogliere il dono messianico dello shalom, inteso come stato di bene-essere totale e pienezza di felicità che proviene da Dio. Come pure, ne è elemento essenziale la «rivelazione» che, nel piano della salvezza per ogni uomo, in Gesù Cristo è prefigurata un’esistenza di armonia con Dio e con i fratelli. Creato ad immagine somigliantissima di Dio Trinità, Amore e Comunione perfetti; redento da Gesù, l’uomo è vocato alla «profezia» di una storia che supera contrapposizioni radicali, discriminazioni di ogni tipo, odi e guerre fratricide, e viene «costruita» come un susseguirsi di rapporti e realizzazioni contrassegnati dalla verità, dalla giustizia, dalla solidarietà e dall’amore.

La «denuncia» della pace falsa, della menzogna e dell’ingiustizia palese, implica, invece, sia lo smascheramento della violenza, velata dietro le parvenze della legalità o della «ragion di Stato», sia la loro condanna pubblica. Passa attraverso l’individuazione e la segnalazione delle sue cause più profonde, specie quelle etiche. Per non rimanere sterile, a seconda dei casi si traduce in invito alla protesta; all’obiezione di coscienza, che può essere civica o militare, opportunamente riconosciute e regolamentate dalla legge; alla disobbedienza civile alle leggi ingiuste; alla non cooperazione con il potere costituito, qualora gravemente offensivo della dignità delle persone; alla «lotta per la giustizia»; alla creazione, se è il caso, di un contropotere e di istituzioni parallele; all’uso della coercizione non violenta, ossia senza impiego di mezzi di distruzione della vita degli uomini e delle cose; all’«ingerenza umanitaria» o, meglio, alla responsabilità di proteggere gruppi oppressi; alla difesa civile non violenta.

mons. Mario Toso

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