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Per San Lorenzo si celebra sotto il cielo stellato

Nella notte delle stelle cadenti si prega en plein air, sotto la volta celeste. Il modello è costituito dalla messa organizzata all’aria aperta a Scaltenigo, in provincia di Venezia. Da nord a sud, soprattutto nei campi estivi delle parrocchie, degli scout, dei gruppi estivi di molte diocesi, il dieci agosto, festa di San Lorenzo, si celebra sotto il cielo stellato. “La Messa sotto le stelle sotto le stelle è una valida proposta per trascorrere una serata insieme, con una parte di spiritualità e una conviviale e di divertimento puro e sano – scrive Massimo Frison su Famiglia Cristiana -. Il messaggio è quello di unire famiglie, bambini, giovani e meno giovani in un ambiente semplice e ampio come la volta celeste. Molto spesso ci troviamo immersi in tantissime attività lavorative e non, che ci fanno perdere il senso del silenzio e dell’osservare la bellezza di quanto ci sta intorno e di quanto abbiamo dentro di noi”. La messa sotto le stelle, aggiunge il settimanale dei Paolini, è “un'occasione che aiuta a farlo e un’iniziativa molto interessante, coinvolgente e meritevole di essere replicata e diffusa anche in altre località”.   

Valore simbolico

Il parroco di Scaltenigo, don Luciano richiama l’attenzione sulla “importanza dell’essere missionari nell’ambiente quotidiano in cui viviamo. Celebrare Messa sotto il cielo stellato ha un forte valore simbolico. 'Ma  Gesù di Nazaret, osservava le stelle in cielo?”, si chiede Giuseppe Tanzella-Nitti, ordinario di Teologia fondamentale alla Pontificia Università della Santa Croce. Laureato in Astronomia all'Università di Bologna (1977), sacerdote dal 1987 e dottore in teologia (1991), è Adjunct Scholar al Vatican Observatory. Ha insegnato alla  facoltà di Filosofia della Pontificia Università Gregoriana. Si è dedicato per alcuni anni alla ricerca scientifica nel campo della radioastronomia e della cosmologia, svolgendo la sua attività come ricercatore del Cnr all'Istituto di Radioastronomia di Bologna e poi come astronomo all'Osservatorio Astronomico di Torino. “I Vangeli non sembrano, a prima vista, dirci nulla al riguardo – sottolinea don Tanzella-Nitti-Una lacuna che potrebbe trasformarsi perfino in una malinconica delusione. È possibile che il Figlio di Dio fatto uomo,  perché questo è ciò che i cristiani confessano di Gesù, non abbia mostrato alcun interesse per quel cielo che Lui ha creato? Non sono Orione, le Pleiadi e le Orse, tutte creature delle sue mani, come insegnavano agli ebrei devoti i Salmi e i Profeti del Primo Testamento, ed hanno poi ripetuto più volte i Padri della Chiesa? Potrebbe il rifiuto dell’idolatria ed il rischio, sempre presente, di vedere nel cielo la sede di dèi diversi dal loro unico Creatore, aver scoraggiato a tal punto i redattori della storia terrena di Gesù da evitarne qualsiasi riferimento?”. 

Il senso della volta celeste

Lo scettico, evidenzia il teologo, potrebbe qui perfino trovare un motivo per non credere all’origine divina dell’umile carpentiere di Nazaret: “Se costui fosse stato davvero il creatore e il signore del cielo e della terra, avrebbe assai probabilmente dedicato qualche riferimento in più all’universo di cui i suoi discepoli lo hanno proclamato Alfa e Omega, Principio e Fine”. E, precisa, “i riferimenti al cielo stellato presenti nel Primo Testamento non riguardano solo l’esortazione a guardarsi dall’idolatria verso i corpi celesti (tale da meritare perfino la lapidazione), ma testimoniano in modo altrettanto chiaro ed esplicito la lode a Dio che gli astri e il cielo proclamano, una lode che diventa preghiera al loro Creatore”.

Giacomo Galeazzi

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