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Unioni civili? Non più solo per i gay

Le unioni civili vengono dipinte come un istituto portatore di diritti e inclusività. Eppure la Corte suprema della Gran Bretagna nel giugno scorso lo ha definito contrario alla Convenzione europea per i diritti dell'Uomo in quanto discriminava le coppie eterosessuali. I giudici avevano accolto all'unanimità il ricorso della 37enne Rebecca Steinfeld e del 41enne Charles Keidan, una coppia londinese che aveva chiesto invano di poter ottenere un'unione civile. Ecco allora che il premier britannico, Theresa May, ha spiegato di voler sanare “lo squilibrio” creato aprendo anche alle coppie eterosessuali di Inghilterra e Galles di poter fare un'unione civile.

Il Civil Partnership Act (questo il nome delle unioni civili in Gran Bretagna) era nato nel 2004 per offrire alle coppie omosessuali, che all'epoca non si potevano sposare, la stessa protezione giuridica ed economica che deriva da un matrimonio. Tuttavia nel 2013 Inghilterra e Galles hanno introdotto i matrimoni gay e lo stesso ha fatto la Scozia l'anno successivo, così le coppie dello stesso sesso potevano scegliere tra matrimonio e unione civile mentre quest'ultimo istituto restava precluso alle coppie formate da un uomo e da una donna. Ora, con la riforma annunciata dalla May, non sarà più così. Nel commentare la sentenza della Corte Suprema, i due fidanzati etero britannici si erano detti “lieti” perché i giudici avevano riconosciuto una discriminazione nei loro confronti “a causa – il loro commento – del nostro orientamento sessuale e che questo ha un impatto sulla nostra vita privata e familiare”. Inoltre avevano commentato: “Tutti e tre (i giudici, ndr) hanno respinto l'argomento secondo cui potremmo sposarci“. E in Italia? La legge Cirinnà, malgrado in un primo momento includesse anche le coppie eterosessuali, nel testo definitivo approvato in Senato nel maggio 2016 stabilisce che questo nuovo istituto sia ad appannaggio soltanto delle coppie dello stesso sesso.

redazione

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