Quando si fa riferimento ai cambiamenti climatici legati al riscaldamento globale si considera l'Artico come una sorta di “sentinella” dello stato di salute del pianeta. Ecco perché assume grande rilevanza la missione scientifica condotta dalla Marina Militare italiana in collaborazione con l'Istituto Idrografico i cui risultati preliminari sono stati presentati a Roma presso lo Stato Maggiore della Marina.
La campagna “High North 17” ha portato, tra l'altro, a una mappa delle nuove correnti dell'Artico, che aiuterà a stabilire nuove rotte per quando l'oceano sarà navigabile. “I risultati più importanti di questa missione – ha spiegato Roberta Ivaldi coordinatrice scientifica della campagna – sono la mappatura dei fondali di aree inesplorate” che permetteranno di aumentare “la sicurezza della navigazione per poter tutelare un ambiente così fragile e complesso quale quello artico”. E' stata identificata inoltre “una corrente di acqua più densa e fredda su un fondale che ha registrato le variazioni climatiche del passato e che attualmente interagisce con una dinamica particolare che può andare a influenzare le dinamiche delle masse di acqua e aria dell'Artico”.
Non solo. La campagna ha un alto valore simbolico perché rappresenta il ritorno della Marina Militare e dell'Istituto Idrografico nell'Artico con una missione di ricerca scientifica, dopo quasi 90 anni dall'impresa di Umberto Nobile con il dirigibile Italia che nel 1928 raggiunse il Polo Nord. Il dirigibile partì da Milano il 15 aprile e, come noto, la sua missione si concluse tragicamente il 25 maggio, quando perse quota e dieci membri dell'equipaggio, tra cui il comandante, finirono sul pack. Un altro morì nell'impatto con il ghiaccio mentre altri sei rimasero intrappolati sul dirigibile e che riprese quota e sparì.
Le attività di ricerca, condotte dalla nave Alliance, di stanza a La Spezia, sono iniziate a Reykjavik, in Islanda, il 9 luglio e terminate a Tromso, in Norvegia, il 29 luglio. La missione ha studiato 650 chilometri quadrati di aree inesplorate a sud delle isole Svalbard, raccogliendo dati di geofisica marina relativi all'atmosfera, masse di acqua e fondali marini. La ricerca ha visto il coinvolgimento di diversi enti di ricerca nazionali, quali il Consiglio nazionale delle Ricerche (CNR), l'Enea e l'Istituto Nazionale di Oceanografia e di Geofisica Sperimentale (OGS), oltre al Centre for Maritime Research and Experimentation (CMRE) della Nato.
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