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Raid russi in Siria. Sos dell’Osservatorio nazionale per i diritti umani

Non c’è pace in Siria. L’aviazione militare russa ha compiuto ieri tre raid aerei nella regione nord-occidentale siriana di Idlib. Nel mirino postazioni di insorti. In un’area fuori dal controllo governativo. E sotto influenza turca. A documentare i bombardamenti è l’Osservatorio nazionale per i diritti umani in Siria. Secondo cui dall’inizio di novembre a oggi si sono verificati 26 attacchi aerei di Mosca. Nella zona dove dal marzo del 2020 è in teoria una tregua militare. Negoziata proprio tra Russia e Turchia. Due settimane fa un raid aereo di Mosca aveva colpito un edificio. Uccidendo un’intera famiglia. Composta dai genitori. Dai loro due figli. E da un nipotino.

Sos Siria

Il professor Alessandro Orsini è direttore dell’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss. E del quotidiano web “Sicurezza Internazionale“. Al dipartimento di Scienze Politiche della Luiss insegna Sociologia generale. E sociologia del terrorismo. E’ stato nominato nel 2016 da Palazzo Chigi membro della commissione per lo studio dell’estremismo jihadista. Con l’arrivo dei nuovi rinforzi militari turchi sfiora i 600 il numero di veicoli militari. Carri armati. E camion carichi di armi pesanti e artiglieria. Entrati nella cosiddetta area “Putin-Erdogan” dalla fine di settembre 2021. Ciò riflette la crescente preoccupazione della Turchia per una  operazione militare a Idlib. Ad opera del governo siriano. Legato al presidente Bashar al-Assad. E del suo alleato russo Vladimir Putin. Una realtà già in atto, evidenzia Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss. La mobilitazione di Ankara nel Nord-Ovest della Siria, infatti, è in corso da due mesi. I combattenti turchi, al momento, risultano essere dispiegati in un’ottantina di postazioni militari. Nella cosiddetta “safe-zone”. Stabilita nei precedenti accordi con la parte russa.

La scheda del voto presidenziale, con le foto di Assad e dei due sfidanti

Obiettivo

La mobilitazione mira, secondo alcuni, ad impedire all’esercito siriano di avanzare a Idlib. Si tratta dell’ultima roccaforte in larga parte controllata dai gruppi di opposizione. Ospita circa 4 milioni di abitanti. Un quarto sono sfollati che si sono rifugiati nella regione in seguito alla guerra civile. I presidenti di Turchia e Russia, Recep Tayyip Erdogan e Vladimir Putin hanno qui raggiunto un accordo di cessate il fuoco nel governatorato. L’intesa è stata siglato il 5 marzo 2020. Poi è stata estesa al termine dei colloqui di Sochi dello scorso febbraio. “La tregua è stata più volte violata nel corso dell’ultimo anno. Ma l’intesa tra Mosca e Ankara ha comunque scongiurato il un’offensiva su vasta scala– evidenzia “Sicurezza Internazionale”-. Tuttavia, le tensioni non si sono mai del tutto placate”.

Mozione

Di fronte a uno scenario sempre più incerto, il Parlamento turco ha ratificato, il 26 ottobre, una mozione. Perciò Ankara è autorizzata a lanciare “operazioni antiterrorismo transfrontaliere” nel Nord dell’Iraq e in Siria per altri due anni. Intanto il governo continuerà a partecipare a una missione di mantenimento della pace in Libano. La mozione è stata approvata per la prima volta nel 2013. Per sostenere la campagna internazionale contro l’Isis. E da allora è stata rinnovata ogni anno. Tra i sostenitori del rinnovo del 26 ottobre vi sono stati il Partito della Giustizia e dello Sviluppo (AK). Il Partito del Movimento Nazionalista (MHP). E il Partito Buono (IYI), Mentre il Partito Repubblicano del Popolo (CHP) e il Partito Democratico dei Popoli (HDP) hanno votato contro.

Operazione

Da parte sua Erdogan è determinato a far partire una operazione militare nel nord della Siria. Sarebbe il terzo intervento oltre confine contro l’organizzazione separatista curdo-siriana (Ypg). Il quarto in totale considerando l’intervento del 2016 contro l’Isis. Ma l’operazione è stata congelata dalla contrarietà degli Stati Uniti e dai dubbi della Russia. Il presidente americano Joe Biden ha rinnovato il sostegno americano a Ypg. Motivo di tensione ormai cronico tra Washington e Ankara. Il governo turco fa pesare la prossimità di Ypg al Pkk, organizzazione terroristica curda. Erdogan, quindi, sposta il conflitto da teatri di guerra a tavoli diplomatici.

Piani

Sulla Siria Mosca ha altri piani. E nonostante il silenzio, Vladimir Putin, cerca di dissuadere la Turchia dal compiere un intervento su larga scala. Con Erdogan il presidente russo è in costante contatto. E i curdi di Ypg? Il capitano Abdul Kadir Effedili ha dichiarato che al momento Ypg controlla il 25% del Paese. E può contare su circa 50 mila uomini. “Abbiamo lottato contro l’Iss fianco a fianco della coalizione. Siamo determinati a combattere contro chiunque minacci le città che abbiamo conquistato“, assicura il comandante di Ypg.

 

Giacomo Galeazzi

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