Chiesa Cattolica

Il Papa: “Il Signore ci liberi dal flagello della guerra”

Come è possibile ricadere negli errori del passato? Specie dopo aver provato su sé stessi le atrocità di tragedie che ancora segnano la nostra civiltà. Un interrogativo che Papa Francesco pone come riflessione ai fedeli, ricordando l’ottantesimo anniversario del bombardamento su Roma del 19 luglio 1943, che colpì in particolare il quartiere di San Lorenzo. E, al contempo, il suo predecessore, “il Venerabile Pio XII” che “volle recarsi in mezzo al popolo sconvolto. Purtroppo anche oggi queste tragedie si ripetono. Com’è possibile? Abbiamo perso la memoria? Il Signore abbia pietà di noi e liberi la famiglia umana dal flagello della guerra. In particolare preghiamo per il caro popolo ucraino, che soffre tanto”.

L’Angelus del Papa

Del resto, il Vangelo stesso consegna un’immagine importante per comprendere quanto sia importante il valore della memoria e della maturazione di noi sé stessi, attraverso la parabola del seminatore. Un’immagine che Gesù “usa per descrivere il dono della sua Parola. Immaginiamo un seme: è piccolo, quasi non si vede, ma fa crescere piante che portano frutti. La Parola di Dio è così”. Vale anche per il Vangelo, “un piccolo libro, semplice e alla portata di tutti, che produce vita nuova in chi lo accoglie”. Ma se la parola è il seme, il terreno siamo noi. Dunque possiamo riceverla, oppure no. Eppure “Gesù, ‘buon seminatore’, non si stanca di seminarla con generosità. Conosce il nostro terreno, sa che i sassi della nostra incostanza e le spine dei nostri vizi possono soffocare la Parola, eppure spera, spera sempre che noi possiamo portare frutto abbondante”.

Seminare la Parola

Un’immagine che ricorda anche il nostro impegno di cristiani: “Seminare senza stancarci”. Lo anno i genitori, che “seminano il bene e la fede nei figli, e sono chiamati a farlo senza scoraggiarsi se a vola senza stancarci”. Nella consapevolezza che “il seme buono resta” anche “se la mentalità del mondo ‘rema contro‘”. E lo stesso vale per i giovani, che “possono seminare il Vangelo nei solchi della quotidianità. Ad esempio con la preghiera” oppure nel “tempo da dedicare agli altri, a chi ha più bisogno: può sembrare perso, invece è tempo santo”. E, naturalmente, vale per i sacerdoti, i religiosi e i laici “impegnati nell’annuncio, che vivono e predicano la Parola di Dio spesso senza registrare successi immediati. Non dimentichiamo mai, quando annunciamo la Parola, che anche dove sembra non succeda nulla, in realtà lo Spirito Santo è all’opera e il regno di Dio sta già crescendo, attraverso e oltre i nostri sforzi”.

Damiano Mattana

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