Chiesa Cattolica

Il Papa al Colosseo il 25 ottobre: “Pregherò per la pace in Ucraina”

“Dopodomani, martedì 25 ottobre mi recherò al Colosseo a pregare per la pace in Ucraina e nel mondo insieme ai rappresentanti delle Chiese e comunità cristiane e delle religioni mondiali riunite a Roma per l’incontro ‘Il grido della pace’. Invito a unirvi spiritualmente a questa grande invocazione a Dio. La preghiera è la forza della pace. Preghiamo, continuiamo a pregare per l’Ucraina così martoriata”. L’annuncio arriva al termine di un Angelus particolare, corredato dall’iscrizione di Papa Francesco (via tablet) da pellegrino alla prossima Giornata Mondiale della Gioventù, prevista a Lisbona ad agosto 2023. Affacciati in finestra con lui, per l’occasione, due giovani portoghesi: “Cari giovani, vi invito ad iscrivervi a questo incontro nel quale, dopo un lungo periodo di lontananza, ritroveremo la gioia dell’abbraccio fraterno tra i popoli e tra le generazioni, di cui abbiamo tanto bisogno”.

L’Angelus del Papa

Il Papa ricorda però anche un’altra necessità, ossia quella di “risvegliare in tutti i battezzati il desiderio di partecipare alla missione universale della Chiesa, mediante la testimonianza e l’annuncio del Vangelo”. Un compito che riemerge con particolare forza nella Giornata Missionaria Mondiale, incentrata sul tema “Di me sarete testimoni”. “Incoraggio tutti – ha detto Francesco – a sostenere i missionari con la preghiera e con la solidarietà concreta, affinché possano proseguire nel mondo intero l’opera di evangelizzazione e di promozione umana”.

Un invito che il Santo Padre rivolge al termine di una riflessione incentrata sulla parabola evangelica che vede protagonisti un fariseo e un pubblicano. “Cioè un uomo religioso e un peccatore conclamato. Entrambi salgono al tempio a pregare, ma soltanto il pubblicano si eleva veramente a Dio, perché con umiltà scende nella verità di sé stesso e si presenta così com’è, senza maschere, con le sue povertà”. Atteggiamenti che lasciano emergere due verbi, dal significato solo apparentemente ovvio: salire e scendere.

Salire e scendere

I due uomini “salirono al tempio”. Un aspetto che richiama tanti episodi biblici, da Abramo, che sale sul monte per offrire il sacrificio, a Mosè e Gesù, che sul monte sarà trasfigurato. “Salire, perciò, esprime il bisogno del cuore di staccarsi da una vita piatta per andare incontro al Signore; di elevarsi dalle pianure del nostro io per salire verso Dio – liberarsi del proprio io –; di raccogliere quanto viviamo a valle per portarlo al cospetto del Signore”. Un incontro che, però, richiede di “essere trasformati dalla preghiera”. In sostanza, per elevarci a Dio, “c’è bisogno del secondo movimento: scendere”. È nell’umiltà, infatti, che “diventiamo capaci di portare a Dio, senza finzioni, ciò che realmente siamo, i limiti e le ferite, i peccati, le miserie che ci appesantiscono il cuore, e di invocare la sua misericordia perché ci risani, ci guarisca, ci rialzi”.

Il rischio dell’Io

Il pubblicano si ferma a distanza, ha vergogna, chiede perdono ed è rialzato dal Signore. Il fariseo si lascia andare all’esaltazione e alla lode di sé stesso: “Questa è la superbia spirituale… E così, senza accorgerti, adori il tuo io e cancelli il tuo Dio. È un ruotare intorno a sé stessi. Questa è la preghiera senza umiltà“. Un errore al quale siamo tutti esposti: “Verifichiamo se in noi, come nel fariseo, c’è ‘l’intima presunzione di essere giusti’ che ci porta a disprezzare gli altri”. Il Papa invita a vigilare “sul narcisismo e sull’esibizionismo, fondati sulla vanagloria, che portano anche noi cristiani, noi preti, noi vescovi ad avere sempre una parola sulle labbra: ‘Io'”.

Damiano Mattana

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