Attualità

Il Papa ai fedeli del Myanmar: “Dove c’è guerra, siate artigiani di pace”

Custodire. Ruota attorno a questo verbo, pronunciato da Gesù durante la preghiera che accompagnò le sue ultime ore, l’incontro fra Papa Francesco e i fedeli del Myanmar residenti a Roma. Un termine propedeutico a una domanda fondamentale: “Cosa siamo chiamati a custodire?”. Tutto ruota attorno alla fede, principio primigenio: “Custodire la fede è tenere lo sguardo alto verso il cielo mentre sulla terra si combatte e si sparge il sangue innocente. È non cedere alla logica dell’odio e della vendetta, ma restare con lo sguardo rivolto a quel Dio dell’amore che ci chiama ad essere fratelli tra di noi”. La fede si custodisce “per non soccombere al dolore e non precipitare nella rassegnazione di chi non vede più una via d’uscita”.

Custodire la fede e la preghiera

E la fede si custodisce nella preghiera, che “ci apre alla fiducia in Dio anche nei momenti difficili, ci aiuta a sperare contro tutte le evidenze, ci sostiene nella battaglia quotidiana. Non è una fuga, un modo per scappare dai problemi. Al contrario, è l’unica arma che abbiamo per custodire l’amore e la speranza in mezzo a tante armi che seminano morte”. Non è semplice alzare lo sguardo nel momento in cui si patisce il dolore. In questo la fede ci aiuta, vincendo la tentazione di ripiegarci su noi stessi.

Allo stesso modo si custodisce l’unità, vittima di tanti peccati: l’invidia, la gelosia, gli interessi personali anteposti al bene comune… “E questi piccoli conflitti che ci sono tra di noi si riflettono poi nei grandi conflitti, come quello che vive in questi giorni il vostro Paese. Quando gli interessi di parte, la sete di profitto e di potere prendono il sopravvento, scoppiano sempre scontri e divisioni. L’ultima raccomandazione che Gesù fa prima della sua Pasqua è l’unità. Perché la divisione viene dal diavolo che è il divisore, il grande bugiardo che sempre divide”.

Unità e dialogo

Custodire l’unità significa prendere a cuore la supplica di Gesù al padre: essere una cosa sola. Un messaggio che Papa Francesco consegna ai fedeli del Myanmar. “So che alcune situazioni politiche e sociali sono più grandi di voi, ma l’impegno per la pace e la fraternità nasce sempre dal basso: ciascuno, nel piccolo, può fare la sua parte. Ciascuno può impegnarsi a essere, nel piccolo, un costruttore di fraternità, a essere seminatore di fraternità, a lavorare per ricostruire ciò che si è spezzato invece che alimentare la violenza. Siamo chiamati a farlo, anche come Chiesa: promuoviamo il dialogo, il rispetto per l’altro, la custodia del fratello, la comunione! E non lasciamo entrare nella Chiesa la logica dei partiti, la logica che divide, la logica che mette al centro ognuno di noi, scartando gli altri.

Un messaggio per il Myanmar

Questo introduce al terzo concetto. Custodire la verità, poiché è Gesù stesso a chiedere al Padre “di consacrare nella verità i suoi discepoli, che sono mandati per il mondo a proseguire la sua missione. Custodire la verità non significa difendere delle idee, diventare guardiani di un sistema di dottrine e di dogmi, ma restare legati a Cristo ed essere consacrati al suo Vangelo. La verità, nel linguaggio dell’apostolo Giovanni, è Cristo stesso, rivelazione dell’amore del Padre”. Il Vangelo non ci spinge al compromesso ma ci chiede “di essere nella verità e per la verità, donando la vita per gli altri. E dove c’è guerra, violenza, odio, essere fedeli al Vangelo e artigiani di pace significa impegnarsi, anche attraverso le scelte sociali e politiche, rischiando la vita. Solo così le cose possono cambiare. Il Signore non ha bisogno di gente tiepida: ci vuole consacrati nella verità e nella bellezza del Vangelo“.

Damiano Mattana

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