Attualità

Omicidio di Agitu Gudeta, arrestato un suo dipendente: “Ha confessato”

Agitu Gudeta è stata uccisa lo scorso 29 dicembre nella sua abitazione, a Frassilongo (Trento) a martellate da un suo dipendente che, mentre era ancora agonizzante, l’ha anche violentata.

È uno dei particolari agghiaccianti emersi dall’interrogatorio di Adams Suleimani, 32 anni, ghanese, reo confesso per l’omicidio della pastora etiope trovata uccisa a martellate nella casa dove vive in Valle dei Mocheni, in Trentino.

La rifugiata etiope di 42 anni era diventata simbolo di integrazione per il successo della sua azienda agricola bio “La capra felice”: undici ettari e ottanta capre autoctone nella Valle dei Mocheni, in Trentino.

A trovare il corpo, in camera da letto, erano stati i vicini di casa, allertati da un conoscente della vittima preoccupato perchè la donna non era andata a un appuntamento. I carabinieri erano accorsi sul posto assieme al magistrato. Poi, nella notte, secondo quanto riportato dal Corriere del Trentino, era stato fermato il custode che si occupava delle capre, Adams Suleimani.

L’interrogatorio di Suleimani

Suleimani, interrogato dai carabinieri davanti al pm e all’avvocato d’ufficio, ha ammesso le sue responsabilità, dando descrizioni dei fatti in linea con le risultanze emerse dai rilievi effettuati dagli investigatori. Il 32enne, che aveva lavorato in passato per Agitu, ed era tornato su richiesta della donna circa due mesi fa ad occuparsi del pascolo delle capre, viveva nell’abitazione al primo piano.

L’uomo ha riferito agli inquirenti di una discussione nata per il mancato pagamento di una mensilità. Un credito che ha portato l’uomo ad aggredire Agitu col martello. L’omicidio è avvenuto nella camera da letto della donna, che – ha raccontato il 32enne ora arrestato – è stata colpita 4 o 5 volte alla testa. Quindi, mentre Agitu era a terra agonizzante, c’è stata la violenza sessuale. Suleimani si trova ora nel carcere di Spini di Gardolo a Trento.

La vita di Agitu

Ideo Gudeta Agitu, nata ad Addis Abeba nel 1978, aveva studiato sociologia all’Università di Trento e poi era tornata nel suo Paese. Nel 2010, a causa della situazione di conflitto interna, aveva fatto ritorno in Italia e nella Valle dei Mocheni aveva dato vita alla sua azienda della quale si erano occupate anche trasmissioni televisive. Era infatti diventata simbolo di integrazione anche per il successo della sua azienda agricola bio “La capra felice”.

Razzismo

Circa due anni fa, la donna aveva ricevuto minacce e subito una aggressione a sfondo razziale – scrive Il Sole24Ore – da un uomo che abita la baita vicino all’abitazione della ‘pastora bio’. Lo scorso gennaio, l’uomo era stato condannato a 9 mesi per lesioni dal Tribunale di Trento, mentre l’accusa di stalking finalizzato alla discriminazione razziale era stata lasciata cadere, contrariamente a quanto aveva chiesto il pm.

Milena Castigli

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