L’ex ministro boliviano dell’Interno, Artuto Murillo, che fu uomo chiave del governo della presidente ad interim Jeanine Añez, è stato arrestato negli Stati Uniti e accusato di avere ricevuto tangenti e di riciclaggio. Lo scrive l’agenzia di stampa statale Abi ripresa da Ansa.
Jeanine Áñez Chávez, ex conduttrice televisiva boliviana, è stata Presidente ad interim della Bolivia dopo le dimissioni e l’esilio del suo predecessore, Evo Morales fino all’entrata in carica del nuovo presidente Luis Arce l’8 novembre 2020. È in stato d’arresto dal 13 marzo 2021 a seguito delle indagini sul suo coinvolgimento nella forzatura costituzionale che l’ha portata ad assumere il ruolo di presidente ad interim, nonché nella violenta repressione dei manifestanti anti-governativi durante il suo mandato, in cui persero la vita complessivamente almeno 36 persone.
L’arresto di Murillo, precisa l’agenzia, è avvenuto nell’ambito di una operazione annunciata dal Dipartimento della Giustizia statunitense che ha portato nei giorni scorsi alla cattura, in Florida e Georgia, anche di un altro ex funzionario del governo boliviano, l’ex capo di gabinetto di Murillo, Sergio Méndez, e di tre cittadini statunitensi.
In particolare, i due responsabili boliviani “sono accusati di aver ricevuto tangenti pagate da dipendenti di una società statunitense (Bravo Tactical Solutions) per assicurarsi un contratto con il governo boliviano e di aver utilizzato il sistema finanziario statunitense per riciclare quel denaro illecito”.
I cinque, si precisa poi, “hanno partecipato all’operazione di corruzione fra novembre 2019 e aprile 2020”, in cui i tre cittadini nordamericani “hanno pagato 602.000 dollari per tangenti” a beneficio di Murillo, Méndez, e di un non precisato terzo altro funzionario del governo boliviano.
Le tangenti in questione, ha rivelato il Dipartimento della Giustizia Usa, sono state pagate dalla società di Bryan Berkman per ottenere, fra le altre cose, un contratto di circa 5,6 milioni di dollari per la fornitura al Ministero della Difesa boliviano di gas lacrimogeni e altre attrezzature non letali. Nel comunicato si precisa che se riconosciuti colpevoli, gli imputati rischiano una pena massima di 20 anni di carcere.
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