“Verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno”

«Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno»
«Venĭent autem dies, cum auferētur ab eis sponsus, et tunc ieiunābunt»

XIII Settimana del Tempo Ordinario – Mt 9,14-17

In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: «Perché noi e i farisei digiuniamo molte volte, mentre i tuoi discepoli non digiunano?». E Gesù disse loro: «Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto finché lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto, e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo porta via qualcosa dal vestito e lo strappo diventa peggiore. Né si versa vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si spaccano gli otri e il vino si spande e gli otri vanno perduti. Ma si versa vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano».

Il commento di Massimiliano Zupi

Il digiuno è pratica ascetica conosciuta fin dall’antichità: segno del fatto che non di solo pane vive l’uomo (Mt 4,4); segno della fame di altro, di infinito, che ci caratterizza. La nostra società opulenta non comprende più il digiuno: chi è educato ad intendere l’esistenza terrena come soddisfacimento dei propri bisogni affettivi e fisici, come ricerca del benessere materiale e del divertimento, reputa inconcepibile privarsi volontariamente del cibo, come di ogni altro piacere. Avremmo bisogno di recuperare il sentimento dell’horror pleni, il fastidio per l’assenza di spazi vuoti, di zone d’ombra, traccia di un’alterità e di un’ulteriorità che sole possono dare ampiezza e respiro alla nostra vita.
Interrogato dai discepoli di Giovanni, tuttavia, Gesù afferma che i suoi discepoli non possono digiunare, perché lo Sposo è con loro: non serve più il digiuno, perché l’infinito cui esso rinvia è presente, nella carne di Cristo. Ed oggi ancora più che allora: egli infatti è definitivamente risorto, vivente, presente nei nostri cuori grazie al dono dello Spirito Santo (Gv 14,17-20).

Ciò nondimeno, prosegue Gesù, verranno giorni nei quali lo Sposo sarà tolto: l’allusione evidentemente è al venerdì santo, alla sua morte in croce. Gesù infatti, sebbene risorto, rimane al tempo stesso crocifisso: in ogni amore non corrisposto, in ogni tradimento, in ogni forma di oppressione ed ingiustizia. Il Signore è risorto e dimora nei nostri corpi; tuttavia l’amore non è amato, anzi spesso è oltraggiato: ogniqualvolta uno dei suoi fratelli più piccoli non sia amato (Mt 25,45). Tutte le occasioni, allora, diventano tempo di digiuno: di amare cioè anche quando non si sia amati, proprio come ha fatto Gesù sulla croce. Si tratta evidentemente di un digiuno nuovo, adatto ad un vestito e ad un otre nuovi: non più rinvio ad un infinito per il quale siamo fatti, bensì compimento e realizzazione di quell’amore incondizionato che è la vita stessa di Dio.