Venite da me. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero

giogo

«Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero»
«Iugum enim meum suāve et onus meum leve est»

XV Settimana del Tempo Ordinario – Mt 11,28-30

In quel tempo, Gesù disse: «Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per la vostra vita. Il mio giogo infatti è dolce e il mio peso leggero».

Commento di Massimiliano Zupi

Questa pericope viene proposta spesso nella liturgia della Parola durante la Messa; questa volta è per giunta suddivisa in due giorni, tra ieri ed oggi. In effetti, nella sua brevità, contiene l’annuncio essenziale della buona novella: abbiamo Dio come Padre (Vangelo di ieri) e nel Figlio ogni sofferenza ed ogni fallimento diventa via lieta che conduce alla gioia del Regno (Vangelo di oggi).
C’è un giogo da prendere su di sé; è il giogo della croce: l’amore non corrisposto e tradito, la sofferenza nel corpo. C’è un peso da portare: il peso dei rifiuti e dei rapporti falliti, ma anche solo lo scorrere del tempo ed il dileguare della vita.
Ora, com’è possibile che un simile peso sia leggero? E quel giogo addirittura dolce? È possibile perché Gesù ha preso su di sé entrambi: ha assunto ogni sofferenza e rinnegamento, ha bevuto il calice fino alla feccia e lo ha fatto continuando ad amare fino alla fine (Gv 13, 1).
Come ha potuto? Grazie alla forza e alla luce del suo essere radicato ed immerso nell’amore del Padre (Gv 8,29; 16,32).
Quell’esperienza adesso è estesa anche a noi: forti dell’amore del Padre, possiamo affrontare tutto (Rm 8,31-39).
Non solo, ma qualunque croce ormai non è più nostra: è sua, di Gesù; qualsiasi
prova, egli la continua a patire, con tutta la forza e la dolcezza del suo cuore.
Basta rendersi conto di ciò, per imparare ad accogliere ogni giogo, cioè ad amare  incondizionatamente, perché in verità è lui che lo porta su di sé: ed allora ogni peso si fa leggero, perché pesa sulle sue spalle, non sulle nostre; ogni carico addirittura dolce, perché proprio sulla croce entriamo maggiormente in comunione con lui: «Oggi con me sarai nel paradiso» (Lc 23,43).