Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano?

«Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito» «Revertar in domum meam, unde exīvi»

Venerdì 9 ottobre – XXVII settimana del tempo ordinario – Lc 11, 15-26

In quel tempo, [dopo che Gesù ebbe scacciato un demonio,] alcuni dissero: «È per mezzo di Beelzebùl, capo dei demòni, che egli scaccia i demòni». Altri poi, per metterlo alla prova, gli domandavano un segno dal cielo. Egli, conoscendo le loro intenzioni, disse: «Ogni regno diviso in se stesso va in rovina e una casa cade sull’altra. Ora, se anche Satana è diviso in sé stesso, come potrà stare in piedi il suo regno? Voi dite che io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl. Ma se io scaccio i demòni per mezzo di Beelzebùl, i vostri figli per mezzo di chi li scacciano? Per questo saranno loro i vostri giudici. Se invece io scaccio i demòni con il dito di Dio, allora è giunto a voi il regno di Dio. Quando un uomo forte, bene armato, fa la guardia al suo palazzo, ciò che possiede è al sicuro. Ma se arriva uno più forte di lui e lo vince, gli strappa via le armi nelle quali confidava e ne spartisce il bottino. Chi non è con me, è contro di me, e chi non raccoglie con me, disperde. Quando lo spirito impuro esce dall’uomo, si aggira per luoghi deserti cercando sollievo e, non trovandone, dice: “Ritornerò nella mia casa, da cui sono uscito”. Venuto, la trova spazzata e adorna. Allora va, prende altri sette spiriti peggiori di lui, vi entrano e vi prendono dimora. E l’ultima condizione di quell’uomo diventa peggiore della prima».

Il commento di Massimiliano Zupi

L’uomo è una casa: abitata da altri. Non ha in sé stesso la propria consistenza. Egli parla: ma una lingua appresa da altri, non inventata da lui. Egli desidera: sogni instillati da altri. Siamo l’aria che respiriamo ed il cibo che mangiamo. Desideriamo ed agiamo in base alle immagini che vediamo e alle parole che ascoltiamo. Siamo plasmati dalle relazioni che viviamo: esse determinano lo spirito che ci abita.

Per la Bibbia, fin dal principio v’è una la lotta tra due spiriti opposti per il dominio sull’uomo. Da una parte, c’è lo spirito muto e sordo (Mc 9,25), immondo: è satana. Esso è rappresentato dalle tenebre dell’origine (Gn 1,2) e della morte: è lo spirito che ci fa pensare che proveniamo dal nulla e al nulla torneremo; spirito che fa sentire noi soli ed ogni altro come concorrente da sottomettere e dominare: spirito muto e sordo appunto, perché negazione di qualunque relazione.

Dall’altra parte, c’è lo Spirito di Dio: è la luce che illumina le tenebre (Gn 1,2-3; Gv 1,5; 8,12); Spirito che ci convince di provenire dal Padre e di essere destinati a tornare al Padre; Spirito che ci fa sentire amati e desiderare di amare altrettanto, servendo e sottomettendoci; Spirito che ci fa parlare, perché è generazione di vita ed intreccio di relazioni.

Ora, lo Spirito di Dio è più forte di satana: così come la luce vince le tenebre, la parola il silenzio. Tuttavia la lotta per il predominio sull’uomo non termina mai su questa terra. Come leone ruggente, il nemico va in cerca di chi divorare (1 Pt 5,8). In ognuno ci sono sempre delle brecce, delle aperture attraverso le quali può entrare o rientrare satana: sono quel bisogno di amore insoddisfatto, quella sete di approvazione e di stima, la paura di morire e non essere più. Sono la nostra stessa umanità, debole e fragile. Tutto dipende da come viviamo le nostre debolezze: come richiesta d’aiuto ed affidamento nelle mani del Padre? O come violenza ed aggressività per affermare noi stessi e salvarci? Come sentimento di umiltà e piccolezza, o reagendo con orgoglio e sogni di grandezza? Come pentimento e richiesta di perdono, o come indurimento ed autogiustificazione?