“Rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli”

«Beati gli occhi che vedono ciò che voi vedete» «Beāti ocŭli, qui vident, quae vidētis»

Sabato 3 ottobre – XXVI settimana del tempo ordinario – Lc 10, 17-24

In quel tempo, i settantadue tornarono pieni di gioia, dicendo: «Signore, anche i demòni si sottomettono a noi nel tuo nome». Egli disse loro: «Vedevo Satana cadere dal cielo come una folgore. Ecco, io vi ho dato il potere di camminare sopra serpenti e scorpioni e sopra tutta la potenza del nemico: nulla potrà danneggiarvi. Non rallegratevi però perché i demòni si sottomettono a voi; rallegratevi piuttosto perché i vostri nomi sono scritti nei cieli». In quella stessa ora Gesù esultò di gioia nello Spirito Santo e disse: «Ti rendo lode, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e ai dotti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza. Tutto è stato dato a me dal Padre mio e nessuno sa chi è il Figlio se non il Padre, né chi è il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo». E, rivolto ai discepoli, in disparte, disse: «Beati gli oc-chi che vedono ciò che voi vedete. Io vi dico che molti profeti e re hanno voluto vedere ciò che voi guardate, ma non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, ma non lo ascoltarono».

Il commento di Massimiliano Zupi

Il brano di oggi è una scena di gioia ed esultanza: gioiscono i discepoli, perché i demòni si sono loro sottomessi; esulta Gesù, lodando e compiacendosi del Padre. La gioia è senz’altro la nota dominante del Vangelo di Luca. Essa fa capolino fin dal primo capitolo, nell’annunciazione a Maria: l’angelo Gabriele le annuncia la gioia del concepimento di Gesù (1,28); Giovanni Battista quindi, nel grembo di Elisabetta, sussulta al saluto di Maria (1,41); Maria stessa esulta cantando al suo Signore (1,47); gli angeli infine proclamano una grande gioia per tutti, nella notte di Betlemme (2,10).

In tutti questi episodi, la gioia è sempre associata alla nascita di un bambino. Del resto, proprio questa è l’esperienza più universale tra gli uomini: la presenza dei bambini è portatrice di gioia. Perché i bambini sono la vita che rifiorisce, che sgorga nuova; ma ancora di più, perché nella loro insufficienza a sé stessi, suscitano un istinto di cura e di protezione, dei sentimenti di dolcezza e di tenerezza. I discepoli, in verità, gioiscono però per un altro motivo: per essere riusciti a sottomettere i demòni.

Gesù conferma di aver dato loro il potere di schiacciare la testa dei serpenti: citando il Salmo 91/90, conferma che nessun male potrà ormai colpirli (vv.3-13). Ma proprio lo stesso Salmo spiega il perché di questa vittoria sul male: è per colui che ha fatto di Dio la sua dimora (vv.1-2.9). Anche Gesù aggiunge che il vero motivo per cui devono rallegrarsi è la consapevolezza che i loro nomi siano scritti nei cieli: come avviene all’anagrafe, per ogni bambino che viene al mondo (Ap 2,17).

I discepoli sono nati a nuova vita, hanno in Dio Padre la loro dimora, quale utero nel quale sono concepiti e generati: questa è l’autentica radice della gioia. Scoprirsi bambini nelle braccia del Padre, affidati alla sua provvidenza (Mt 6,32): chi sente questo, vive nella gioia. Si tratta di essere immersi nel mistero di Dio, nella reciprocità d’amore tra Padre e Figlio. Gesù conclude proclamando quindi la beatitudine di quanti fissino lo sguardo su questa realtà, la respirino e se ne alimentino.

Ora, quegli occhi sono i nostri: di tutti coloro ai quali arrivi l’annuncio del vangelo. Gli occhi infatti vengono aperti grazie all’ascolto della Parola: ogni parola è udita attraverso le orecchie, ma poi si fa visione per gli occhi e gusto per il cuore (1 Gv 1,1-3). Il Vangelo ci mostra l’Abbà, il Padre: per questo riempie il cuore di gioia e di dolcezza, così com’è possibile non ai sapienti e agli intelligenti, ma solo agli infanti.