“Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”
“Non enim misit Deus Filĭum in mundum, ut iudĭcet mundum, sed ut salvētur mundus per ipsum”
Solennità della Santissima Trinità Anno A – Gv 3,16-18
In quel tempo, disse Gesù a Nicodèmo: «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio, unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’unigenito Figlio di Dio».
Il commento di Massimiliano Zupi
Dio manda il Figlio nel mondo: questa espressione ricorda il comportamento del padrone della vigna nella parabola dei vignaioli omicidi (Mt 22,33-39). Ed in effetti la condotta degli uomini nel mondo è del tutto analoga a quella dei vignaioli nella vigna: prendono il Figlio e lo uccidono. È il grande mistero del male: la tragedia di un amore non corrisposto, di un amante non amato. È la distanza che separa il cielo dalla terra: la vita di Dio, che è reciprocità d’amore, perichóresis, dalla vita degli uomini, che è guerra gli uni contro gli altri. Dio ama gli uomini: ma gli uomini lo mettono a morte; «la luce splende nelle tenebre […] e i suoi non l’hanno accolto» (Gv 1,5.11). Il rapporto con Dio, poi, non è che specchio del rapporto con noi stessi e tra di noi. La medesima dinamica si ripete infatti di continuo anche tra gli uomini: chi ama non è amato; ciascuno è un bisogno d’amore non soddisfatto. E così la terra diventa una valle di lacrime. Ma il Figlio non per questo si tira indietro: soffre, certo; ma, soffrendo, s’offre, incondizionatamente. Non esige nulla da-gli uomini, né tanto meno li condanna: piuttosto si dona. E proprio così salva il mondo. A partire da lui, ogni uomo che nel mondo risponde al rinnegamento e al tradimento offrendosi incondizionatamente, prosegue l’opera del suo Maestro: passando per la valle di lacrime, la trasforma in una sorgente (Sal 84/83,7). Il no è vinto dal sì, la separazione dalla comunione, il male dal bene (Rm 12,21).