Maria è profezia di quel che saremo

«La vergine si chiamava Maria» «Et nomen virgĭnis Marīa»

Martedì 8 dicembre – Solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria – Lc 1,26-38

Il commento di Massimiliano Zupi

Nell’anno liturgico appena iniziato, la prima festa solenne è dedicata a Maria, al suo essere stata concepita senza peccato originale. Questa sua peculiarità, unica tra le creature, non serve a renderla irraggiungibile ed estranea alla nostra condizione; rap-presenta piuttosto un’anticipazione: indica il nostro verso-dove, mostra quel che siamo destinati a diventare.

Innanzitutto, ha ricevuto un nome: «Maria». Ognuno di noi, ovviamente, ha un nome: l’averlo ricevuto ci rende persone; siamo inconfondibili: esistere significa avere un nome proprio, essere unici agli occhi di qualcun altro (Is 49,16; Ap 2,17). Ora, Dio stesso ci chiama per nome ed il nome che ci ha dato è Maria, in ebraico Miriam, l’altissima: altezza e rinomanza, dignità ed importanza, quel che spesso ci affatichiamo tutta la vita per arrivare ad ottenere, è il dono incondizionato di Dio per noi, quel che siamo per lui, in quanto figli suoi.

Maria poi è «promessa sposa»: non è sola, è per il suo sposo. Siamo fatti per la gioia della comunione: siamo un’eccedenza rivolta verso chi amiamo, così come chi amiamo è per noi sorgente alla quale dissetarci (Gv 4,14; 7, 37). Siamo fatti per amare ed essere amati: per vivere in una reciprocità d’amore, che è la vita stessa di Dio. In greco, promessa sposa è emnesteuménen, alla lettera colei che è la mia memoria: la mia origine, da sempre. In latino, è desponsātam, colei che è la mia promessa: il mio futuro, per sempre.

Non proveniamo dal nulla e non siamo destinati a finire nel nulla. Siamo fatti per la vita eterna: la nostra esistenza affonda nell’amore di un Padre che da sempre ci ha amati, nostra memoria immemorabile, ed è protesa all’incontro con lo Sposo che ci ha amato fino alla fine (Gv 13,1), nostro orizzonte infinito. Dio è per noi bellezza tanto antica e sempre nuova! Infine Maria è «vergine». In greco è parthénos: è un nome che indica la donna nella sua floridezza, freschezza, forza, pienezza fisica. Non siamo fatti per la morte: per invecchiare e perdere inesorabilmente bellezza ed energia. Siamo fatti per la vita: per ringiovanire, per rinascere. La nostra nascita è al futuro!

Maria è la sempre vergine: guardando a lei, anche noi siamo chiamati a diventare vergini. Verginità poi, oltre a pienezza di vita, designa la purezza di colei che non è ancora appartenuta a nessuno, di colei che è riservata per Dio solo. Ancora una volta, Maria è profezia di quel che saremo: ogni ruga, ogni segno di stanchezza e di peccato verrà tolto (Ef 5,27); saremo una cosa nuova, pura, che proprio ora germoglia (Is 43,19). La verginità è la nostra destinazione: vergini si diventa! Questo paradosso è il medesimo secondo il quale Maria è sia vergine sia madre: ciò che è impossibile secondo la carne (chi ha concepito e partorito un figlio non può essere vergine!) è vero secondo lo spirito.

Infatti, se vergine è chi appartiene ad uno solo, al suo amato, in maniera esclusiva, cuore circonciso, vita consacrata, colei che è madre è massimamente vergine, in quanto tutta rivolta e dedicata alla cura del figlio. Il mistero di Maria è anche il nostro: quanto più diventiamo madri, tanto più diventiamo vergini.