La gioia e l’esultanza sono il segno di riconoscimento di Dio

«Esultò di gioia nello Spirito Santo» «Exsultāvit in Spirĭtu Sancto»

Martedì 1 dicembre – I settimana di Avvento – Lc 10, 21-24

Il commento di Massimiliano Zupi

Questo brano, insieme al parallelo nel Vangelo di Matteo (Mt 11,25-27), è uno dei più letti durante l’anno liturgico a Messa. In effetti, rappresenta una delle vette dei Vangeli: Gesù esulta di gioia nello Spirito Santo. Esultò Davide quando fu ritrovata l’arca dell’alleanza (2 Sam 6,5.14.16). Esultarono Giovanni Battista nel grembo della madre e la stessa Elisabetta di fronte a Gesù incarnato nel ventre di Maria e alla vergine di Nàzaret (Lc 1,41-44). Ora esulta Gesù immerso nello Spirito Santo.

La gioia e l’esultanza, lo iubĭlum avrebbe detto Agostino, sono il segno di riconoscimento di Dio. Dio infatti è reciprocità tra amante ed amato, perichóresis di dono accolto ed offerto: per questo è sorgente zampillante (Gv 4,14). C’è un tripudio che sgorga dall’interno, un’eccedenza ed un sovrappiù, tutto diventa generazione, rinascita (Gv 3,3.5-7): il cammino si trasforma in danza, la parola in canto (Sal 30/29,12-13).

I bambini tendenzialmente sono così per natura. Non camminano: corrono e saltano; non parlano: ridono; non vivono: gioiscono. Sono effluvio di energia vitale, buon profumo di Dio (2 Cor 2,15). Davvero entrare nel regno dei cieli significa diventare come bambini (Mt 18,3; 19,14): perché? Qual è il loro segreto? Ricevere tutto dai genitori: vivere da figli. Accettare di essere amati e quindi rispondere a propria volta amando: è questo il se-greto di Dio − nascosto ai dotti e ai sapienti e rivelato ai piccoli – pienezza di grazia (Lc 1,28), di Spirito Santo.