“Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro”

«Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo»
«Si autem peccavĕrit in te frater tuus, vade, corrĭpe eum inter te et ipsum solum»

XXIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno A – Mt 18,15-20

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Se il tuo fratello commetterà una colpa contro di te, va’ e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; se non ascolterà, prendi ancora con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni (Dt 19,15). Se poi non ascolterà costoro, dillo alla comunità; e se non ascolterà neanche la comunità, sia per te come il pagano e il pubblicano. In verità io vi dico: tutto quello che legherete sulla terra sarà legato in cielo, e tutto quello che scioglierete sulla terra sarà sciolto in cielo.
In verità io vi dico ancora: se due di voi sulla terra si metteranno d’accordo per chiedere qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli gliela concederà. Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, lì sono io in mezzo a loro».

Commento di Massimiliano Zupi

Non è bene che l’uomo sia solo (Gn 2,18); al contrario, è creato affinché i due diventino una sola carne (Gn 2,24): solo così realizza sé stesso. Per questo la preghiera di Gesù durante l’ultima cena sarebbe stata che siamo una cosa sola tra di noi, come il
Padre e il Figlio sono una cosa sola: «Ut unum sint» (Gv 17,11)! La comunione è la natura stessa di Dio: al di fuori di essa non c’è vita.
Ad una simile luce, si comprende correttamente il comando di correggere il fratello che pecca: è al fine di ristabilire quell’unità che è la nostra stessa vita. Facilmente invece siamo spinti alla correzione da un sentimento di superiorità, complementare al fastidio che proviamo per il peccatore: la correzione allora è espressione di un giudizio di condanna, se non anche di disprezzo del peccatore, il quale giustamente si difende ed aggredisce a sua volta. Di altro tipo è la correzione alla quale invita Gesù: è
mossa dal dolore per la comunione infranta e dalla preoccupazione per il fratello che si perde; proprio perché guidata dall’amore, è fatta con tutta umiltà e mansuetudine, essendo stato eventualmente già perdonato il fratello.
E se quello non si pente e non riconosce la propria colpa, la correzione allora lascia il posto ad un’attesa paziente e fiduciosa: l’amore infatti non solo tutto spera e tutto crede (1 Cor 13,7), ma neanche è possessivo ed accetta di lasciare andare l’amato nel rispetto dei suoi tempi e dei suoi modi, della sua libertà (Lc 15,12).