“Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo”

«Vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo»
«Videbĭtis caelum apertum et angĕlos Dei ascendentes et descendentes supra Filĭum homĭnis»

Festa di San Bartolomeo Apostolo e Martire -Gv 1,45-51

In quel tempo, Filippo trovò Natanaèle e gli disse: «Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè, nella Legge, e i Profeti: Gesù, il figlio di Giuseppe, di Nàzaret». Natanaèle gli disse: «Da Nàzaret può venire qualcosa di buono?». Filippo gli rispose: «Vieni e vedi». Gesù intanto, visto Natanaèle che gli veniva incontro, disse di lui: «Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità». Natanaèle gli domandò: «Come mi conosci?». Gli rispose Gesù: «Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto l’albero di fichi». Gli replicò Natanaèle: «Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!». Gli rispose Gesù: «Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto l’albero di fichi, tu credi? Vedrai cose più grandi di queste!». Poi gli disse: «In verità, in verità io vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere (Gn 28,12) sopra il Figlio dell’uomo».

Il commento di Massimiliano Zupi

Giovanni Battista ha appena riconosciuto in Gesù il Messia, l’agnello di Dio che toglie il peccato del mondo (Gv 1,29). Il giorno dopo, avendolo ascoltato, due dei suoi discepoli seguono l Messia e rimangono con lui (Gv 1,35-39). Uno dei due, Andrea, incontra suo fratello, Simone, e lo conduce da Gesù (Gv 1,40-42). L’indomani Gesù stesso chiama Filippo (v.43), il quale infine trova ed invita Natanaèle (v.45), che la tradizione ha identificato con Bartolomeo, del quale oggi ricorre la festa.

Ecco: l’inizio del Vangelo di Giovanni è tutta una trasmissione, un contagio, di persona in persona. La Parola si è fatta carne e, attraverso la testimonianza di ciascuno, continua a farsi carne in tanti, in una catena ininterrotta, che giunge fino a noi. Natanaèle all’inizio è scettico: può il Messia provenire da un villaggio, Nàzaret, tanto lontano dalla città santa, Gerusalemme? Subito però si ricrede, appena Gesù gli rivela di averlo visto già prima, quando era sotto l’albero di fichi: egli è Dio, ci scruta e ci conosce; a lui sono note tutte le nostre vie (Sal 139/138,1-3).

Eppure Gesù lo esorta a non stupirsi tanto di questa sua conoscenza: ben altri saranno i segni con i quali dimostrerà la propria divinità. Cita quindi il sogno di Giacobbe a Betel: «Una scala poggiava sulla terra, mentre la sua cima raggiungeva il cielo; ed ecco, gli angeli di Dio salivano e scendevano su di essa » (Gn 28,12). «Questa è proprio la casa di Dio − commenta Giacobbe una volta risvegliatosi − questa è la porta del cielo» (Gn 28,17). Gesù, in effetti, è la scala di Giacobbe, il ponte che collega il cielo e la terra.

Nel giorno dell’Annunciazione e nella notte del Natale, ha percorso quella scala dal cielo fin quaggiù sulla terra; nel giorno dell’Ascensione l’avrebbe ripercorsa a ritroso: affinché tutti gli uomini potessero seguirlo e andargli dietro. Dio si è fatto uomo, affinché gli uomini siano divinizzati. Ciascuno è invitato ad andare e vedere dove dimora il Signore, e lì rimanere (Gv 1,39). La croce è la porta del cielo: è la dimora definitiva in cui Dio e uomo possono incontrarsi. Là Dio dona tutto sé stesso, la propria carne, la propria vita; là l’uomo può entrare ed essere, fin da oggi, con lui in paradiso (Lc 23,43).