“Chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli”

«Chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli»
«Quicumque humiliavĕrit se sicut parvŭlus iste, hic est maior in regno caelōrum»

XIX Settimana del Tempo Ordinario – Mt 18,1-5.10-14

In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è più grande nel regno dei cieli?». Allora chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: «In verità io vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. Perciò chiunque si farà piccolo come questo bambino, costui è il più grande nel regno dei cieli. E chi accoglierà un solo bambino come questo nel mio nome, accoglie me. […]

Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli, perché io vi dico che i loro angeli nei cieli vedono sempre la faccia del Padre mio che è nei cieli. Che cosa vi pare? Se un uomo ha cento pecore e una di loro si smarrisce, non lascerà le novantanove sui monti e andrà a cercare quella che si è smarrita? In verità io vi dico: se riesce a trovarla, si rallegrerà per quella più che per le novantanove che non si erano smarrite. 14Così è volontà del Padre vostro che è nei cieli, che neanche uno di questi piccoli si perda.

Il commento di Massimiliano Zupi

Con un’ennesima risposta paradossale, Gesù spiega che nel regno dei cieli è più grande colui che si è fatto più piccolo. Perché? Dal nostro punto di vista, è ovvio che sia più grande chi abbia di più: è più pesante chi pesa di più, è più forte chi ha statura e muscoli maggiori, è più bravo chi ha più talenti ed abilità. Per Gesù invece è più grande chi diventa piccolo come un bambino.

Ma chi è il bambino? È colui che non è ancora autonomo: in ogni aspetto della sua vita dipende dai genitori che lo amano e lo proteggono; la sua stessa identità è tutt’uno con quella della sua famiglia; persino i suoi desideri ed i suoi giudizi sono riflesso di quelli dei genitori: non ne ha ancora di propri. Gli anni dell’infanzia sono definiti l’età dell’oro. In effetti, è tipica dei bambini una gioia di vivere ed una contentezza che è difficile ritrovare nell’età adulta. Ma il segreto della loro gioia risiede proprio nel loro essere totalmente affidati alla mamma e al papà e nello sperimentare di essere amati.

I bambini sono tanto felici perché sono tanto curati; e possono sperimentare tanto più amore quanto più si trovano in uno stato di affidamento, di assoluta dipendenza. È questo appunto, annuncia Gesù, il segreto per entrare nel regno dei cieli: diventare come bambini, ovvero accettare di vivere in una condizione di dipendenza e affidamento nei confronti del Padre che è nei cieli (Mt 6,32-33). Se Dio esiste ed è Padre, non sperimenteremo allora di essere infinitamente amati? E come non saremo lieti e gioiosi nel Signore (Fil 4,4-7)? Tanto più grandi quindi, come spiega Gesù, quanto più piccoli!

Ma in concreto, cosa vuol dire farsi bambini? Significa imparare a rinunciare ad ogni forma di controllo e di possesso, e al contrario in tutto affidarsi e tutto accogliere. Così la prima a farsi bambina nel regno dei cieli è stata Maria, con il suo «fiat»: «Avvenga di me secondo la tua parola» (Lc 1,38).