“Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”

Il Vangelo del giorno con il commento di Massimiliano Zupi

“Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo”. “Qui maior est vestrum, erit minister vester”

Seconda settimana di Quaresima – Martedì – Mt 23,1-12

In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: «Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Praticate e osservate tutto ciò che vi dicono, ma non agite secondo le loro opere, perché essi dicono e non fanno. Legano infatti fardelli pesanti e difficili da portare e li pongono sulle spalle della gente, ma essi non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dalla gente: allargano i loro filattèri e allungano le frange; si compiacciono dei posti d’onore nei banchetti, dei primi seggi nelle sinagoghe, dei saluti nelle piazze, come anche di essere chiamati “rabbì” dalla gente. Ma voi non fatevi chiamare “rabbì”, perché uno solo è il vostro Maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate “padre” nessuno di voi sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello celeste. E non fatevi chiamare “guide”, perché uno solo è la vostra Guida, il Cristo. Chi tra voi è più grande, sarà vostro servo; chi invece si esalterà, sarà umiliato e chi si umilierà sarà esaltato».

Il commento di Massimiliano Zupi

Forse possiamo ottenere il consenso di tutti nel riconoscere che la cosa più importante nella vita, ciò che dà gioia ed energia, sia l’amore. Ma cosa significa amare? La risposta del vangelo è chiara e non lascia spazio a fraintendimenti: amare significa servire. La parola amore spesso viene associata a sentimento. In effetti, l’amore ha che fare con l’affetto: sfera emotiva che si esprime con abbracci, carezze e baci, con parole, dichiarazioni e messaggi. Tutto ciò è necessario; tuttavia se le parole e gli abbracci non sono accompagnati da un servizio silenzioso e concreto, terra terra, risultano monete false, alla fine più fastidiose e perniciose della mancanza d’affetto: amare a parole e nei sentimenti, ma non anche nei fatti (1 Gv 3,18), è la menzogna più insopportabile, promessa non mantenuta, manipolazione e presa in giro del cuore altrui. La tenerezza credibile ed efficace è solo di chi si fa servo per amore.

Se l’amore non è lavare i piedi (Gv 13,4-5), se non è farsi schiavo dell’altro, allora è inevitabilmente egoismo camuffato; rientra nella medesima accusa mossa da Gesù agli scribi e ai farisei: tutto è finalizzato solamente ad essere ammirati dalla gente, ovvero ad avere una bella immagine di sé; amore falso, che in verità è un guardarsi allo specchio, sguardo e sentire che non va al di là del proprio ombelico. È vero che solo l’amore dà gioia, vita e regalità; ma l’amore è esattamente l’opposto dell’egocentrismo: è porre realmente al centro l’amato. Ora, ciò non può avvenire se non scomparendo, abbassandosi, facendosi servi appunto. Ma com’è possibile arrivare a tanto? È possibile solamente nella misura in cui si sia sperimentato che un altro si sia fatto nostro servo. L’egoismo affonda sempre in una mancanza d’amore ricevuto, in un’assenza, in un vuoto: personalità che, costruita sulle sabbie mobili, affonda ad ogni passo. L’amore si fonda sull’essere stati amati per primi (1 Gv 4,10): casa che, costruita sulla roccia, per questo può farsi accoglienza e abbraccio.