“Amerai il tuo prossimo come te stesso”

«Questo è il grande e primo comandamento»
«Hoc est magnum et primum mandātum»

XX Settimana del Tempo Ordinario – Mt 22,34-40

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: «Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?». Gli rispose: «Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente (Dt 6,5). Questo è il grande e primo comandamento. Il secondo poi è simile a quello: Amerai il tuo prossimo come te stesso (Lv 19,18). Da questi due comandamenti dipendono tutta la Legge e i Profeti».

Il commento di Massimiliano Zupi

La Legge sono tutte le parole di Dio da osservare per rimanere nella vita: perché si prolunghino i nostri giorni − come proclama Mosè immediatamente prima di annunciare quello Shemà citato da Gesù nella prima parte della risposta data al fariseo e dottore − siamo felici e diventiamo numerosi nella terra dove scorrono latte e miele (Dt 6,2-3).

Anzitutto, certo, si tratta dei Dieci Comandamenti, la cui inosservanza la Chiesa ancora oggi considera peccato mortale: non si tratta di moralismo; il fatto è piuttosto che la trasgressione di quei comandi introduce inevitabilmente nella via della morte (Dt 30,17-19). Ora, però, come è stato insegnato al giovane ricco pochi giorni fa, l’osservanza di per sé non è sufficiente per entrare nella via della vita (Mt 19, 20).

Ecco allora che la domanda del fariseo di oggi coglie nel segno: qual è il grande comandamento, quello cioè essenziale, che da solo introduce nel regno, dando la ricompensa promessa già da Mosè? San Paolo, per tutti, riassume la risposta del vangelo: pieno compimento della Legge è l’amore (Rm 13,10). Gesù esplicita: l’amore, ovvero amare Dio ed amare il prossimo come sé stessi.

Il secondo comandamento, annota Gesù, è simile al primo: si tratta infatti pur sempre di amare. Non solo, ma del resto nemmeno si può amare Dio, che non si vede, se non amiamo il fratello, che ci sta accanto in carne ed ossa (1 Gv 4,20). Né si può amare infine Dio quale Padre, se non si ama il prossimo come fratello, figlio dell’unico Padre. Ciò nondimeno, Gesù distingue tra primo e secondo comandamento e solo del primo dice che è «il grande». Esiste dunque una gerarchia: l’amore di Dio è all’origine, fondamento di ogni altro amore. Perché? Semplicemente perché Dio ci ama per primo. Amare Dio significa propriamente essere amati da lui e quindi corrispondergli.

Ecco allora che l’amore del prossimo diventa riflesso ulteriore di quella corrispondenza: effusione della luce, del dono che si è ricevuto. Senza l’amore di Dio, l’amore tra gli uomini diventa possesso, imposizione di sé, soddisfazione dei propri bisogni: perché ciascuno è innanzitutto bisogno di essere amato, di affermarsi. Se si è nelle mani del Padre (Mt 6,32), si è liberi dall’istinto di tenere tutti e tutto nelle proprie mani; se si è amati da Dio, si è liberi di amare gratuitamente, senza contraccambio (Mt 5,46-48): si è liberi di amare castamente, nel dono di sé.