Chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio

«Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti» «Anĭma, habes multa bona posĭta in annos plurĭmos; requiesce, comĕde, bibe, epulāre»

Lunedì 19 ottobre – XXIX Settimana del tempo ordinario – Lc 12, 13-21

In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».

Il commento di Massimiliano Zupi

Avere a disposizione molti beni, per tanti anni, per tutta la vita: chi non ritiene che sia questo un ingrediente fondamentale, se non il più importante, per la felicità? Ora, cosa possono garantire i soldi? Il non dover lavorare, affaticarsi; al contrario, il poter godere dei piaceri della vita. Eppure Gesù condanna senza mezzi termini come «stolti» coloro che pensano così. Perché?

Il possesso e l’accumulo di soldi, evidentemente, non possono dare né mantenere la vita. In effetti, possono solo far godere al presente. È questo il grande inganno: il denaro dà l’illusione di permettere di tenere sotto controllo il domani, mentre il suo potere è rigorosamente limitato all’attimo attuale, all’istante. È per questo che nessuna ricchezza può soddisfare l’uomo: perché l’uomo è sete d’infinito, di vita eterna.

L’uomo ricco della parabola ragiona tra sé e sé: è isolato; proprio i suoi beni lo tagliano fuori da ogni relazione. In questo consiste la sua stoltezza: egli dimentica quel cibo di cui solo è veramente affamato, quella bevanda di cui è assetato, quella casa in cui sola può riposare, quella gioia per cui è fatto il suo cuore. L’amore! Il dono dei beni, non il loro possesso (Lc 18,22); la condivisione dei beni, non il loro accumulo (Tb 4,7-11; 12,8-9; At 2,44-45; 4,34-35): è questa la sapienza di chi conosce il bene in cui è possibile trovare riposo, gioia, sazietà, vita.