Testimonianze di Vangelo: la Chiesa contro la Mafia

Nei rapporti fra Chiesa e mafie possiamo distinguere diversi periodi: si è passati da un primo periodo in cui dominava la critica e il contrasto alla mafia da parte Movimento cattolico-sociale di stampo intransigente che si opponeva allo Stato liberale tra gli ultimi decenni dell’Ottocento e il primo ventennio del Novecento, di cui uno degli intrepreti principali è stato don Luigi Sturzo. A un secondo periodo che va dall’avvento del fascismo fino ai primo decenni del secondo dopoguerra in cui si è affievolito fino ad un quasi totale esaurimento l’impegno contro la mafia. Per arrivare ad un terzo periodo nel quale, per l’impulso di vari vescovi, dell’associazione Libera fondata da don Luigi Ciotti, di diverse cooperative e di vari centri culturali e riviste e soprattutto di Giovanni Paolo II ed ora di Papa Francesco nella Chiesa italiana e soprattutto delle regioni meridionali sarebbe maturata l’opposizione alla mafia a partire da categorie evangeliche.

Certo non tutti i cattolici e i preti sono stati così attenti a contrastare il fenomeno mafioso e ci sono stati prelati, sacerdoti e laici che sono stati conniventi con la mafia. La Chiesa siciliana, di fronte alla mafia, nei primi decenni del secondo dopoguerra ha trovato difficoltà ad elaborare una risposta che superasse il livello dell’etica civile, del comune rimando alla giustizia e alla condanna della violenza che stanno alla base di una società ordinata. È ovvio che questo piano è assolutamente necessario, ma dovrebbe essere altresì ovvio per il cristiano che esso resta insufficiente, perché esso non lascia emergere ancora l’originalità del messaggio evangelico.

Con gli anni settanta gli interventi sulla mafia dei vescovi siciliani e meridionali, diventano più frequenti. Il cardinale Salvatore Pappalardo nell’omelia per la festa di Cristo Re il 22 novembre 1981, in un’assemblea liturgica appositamente convocata per sensibilizzare le persone per porre un argine alla violenza mafiosa e comune rivolse ai mafiosi un invito alla conversione: ”Mi sia concesso, infine, di rivolgere da questo luogo sacro un trepidante appello a quanti si sono macchiate le mani e la coscienza del sangue di tanti uccisi: ricordate che la soddisfazione dell’odio e la vendetta non possono rendere felici nessuno. Sappiate che qualsiasi guadagno, frutto o mercede di un assassinio, è denaro maledetto da Dio e dagli uomini; siate certi che, prima o poi, anche se non sarete raggiunti dalla giustizia degli uomini, non potrete sfuggire a quella di Dio, il quale però, più che giudice vuole essere Padre misericordioso anche per voi e perdonarvi se saprete pentirvi dei vostri delitti e ripararli”.

Quarant’anni fa il 29 giugno 1982 i vescovi campani pubblicarono un documento sulla camorra affermando che “esiste una contrapposizione stridente fra i falsi messaggi della camorra e il messaggio di Gesù Cristo” e sottolineavano come la camorra avesse “inserito i suoi tentacoli nella vita sacramentale attraverso la distorsione della figura del padrino”. In seguito all’acuirsi della violenza di stampo mafioso con l’assassinio del generale Carlo Alberto Della Chiesa, della moglie e dell’agente di scorta il 3 settembre 1982, tutti ricordiamo la storica omelia del cardinale Pappalardo con la citazione “Dum Romae consulitur, Saguntum expugnatur”.

Il magistero di papa Giovanni Paolo II, di Benedetto XVI e di Papa Francesco ha contribuito alla interpretazione e alla condanna della mafia a partire dalle tradizionali e originali categorie cristiane. Giovanni Paolo II nel 1991 ai Vescovi siciliani diceva che la piaga della mafia “rappresenta una seria minaccia non solo alla società civile, ma anche alla missione della chiesa. Giacché mina dall’interno la coscienza etica e la cultura cristiana del popolo siciliano”. Si incominciò a prendere coscienza che il fenomeno mafioso interessa da vicino la Chiesa, il suo impegno catechetico, la sua prassi pastorale, la sua azione sociale. Nel 1992 l’Arcidiocesi di Agrigento pubblicava un documento intitolato: Emergenza mafia.

La profezia e la testimonianza cristiana nei confronti della mafia e della mentalità mafiosa. Sono passate alla storia le durissime parole del cardinale Salvatore Pappalardo il 25 maggio 1992 in occasione dei funerali di Giovanni Falcone, Francesco Morvillo, Antonio Montinaro, Rocco Dicillo e Vito Schifani e il 21 luglio ai funerali degli agenti della scorta di paolo Borsellino, i cui funerali vennero celebrati in forma privata per decisione della famiglia. Dopo gli assassini di Giovanni Falcone, di Francesca Morvillo, di Paolo Borsellino e gli “angeli custodi” che li scortavano, e dopo gli attentati di Roma, Firenze e Milano, mentre la società civile reagisce contro la violenza mafiosa, si moltiplicano gli interventi dei vescovi di condanna alla mafia. Questi e altri pronunciamenti culminano nel grido accorato del Papa ad Agrigento il 9 maggio 1993: “Nel nome Cristo, crocifisso e risorto, di Cristo che è Via, verità e Vita, mi rivolgo ai responsabili: convertitevi, un giorno arriverà il giudizio di Dio”. Si tratta di un appello chiaramente evangelico, di competenza specifica della Chiesa e che giustifica, quindi, l’intervento pastorale. Quest’affermazione, che ha molto impressionato tutti i mass-media, è una chiave per comprendere l’atteggiamento di Giovanni Paolo II nei confronti della mafia o, meglio, dei mafiosi.

Il 15 settembre 1993, la mafia colpisce don Pino Puglisi. A spiegare il motivo sono gli stessi boss di “cosa nostra”. Leoluca Bagarella, cognato di Totò Riina, approvò la scelta dei fratelli Graviano di eliminare il sacerdote perché «Iddu si tirava i picciotti cu iddu, quindi faceva ’stu dannu, predica tutta a ’iurnata». Lo stesso Riina, in una intercettazione in carcere del settembre 2013 dice che padre Puglisi «voleva comandare il quartiere. Ma tu fatti u parrinu, pensa alle messe, lasciali stare… il territorio… il campo… la Chiesa… Cose da non crederci. Tutte cose voleva fare iddu nel territorio». Gli interventi pontifici hanno avuto un indubbio influsso nei pronunciamenti di condanna delle mafie pronunciati da vari episcopati delle Chiese meridionali, dalla CEI nel documento ”Per un paese solidale: Chiesa italiana e mezzogiorno” del 2010 e avranno un influsso nel giudizio che in futuro i cristiani avranno nei confronti degli appartenenti alle varie mafie.