Montagna: senza neve ci sarà la siccità

L'intervista di Interris.it al dottor Francesco Giardina di Coldiretti che spiega come la mancanza di neve possa influire su tutto l'ecosistema

Giardina Francesco - neve
A sinistra il dottor Francesco Giardina. Foto di kordula vahle da Pixabay

Il 2023 è stato l’anno più caldo, mai registrato dal 1850. La temperatura è salita di oltre un grado celsius e questo aumento ha comportato delle conseguenze evidenti. Una di queste è la mancanza di neve in montagna che ha recato disagi non solo agli amanti dello scii, che si sono dovuti accontentare di neve artificiale, ma anche allo stesso ambiente.

L’intervista

Interris.it ne ha parlato con il dottor Francesco Giardina, agronomo della Coldiretti, su come questo fenomeno impatta sugli ecosistemi e sulla vita dell’uomo.

Dottor Giardina, che cosa è accaduto nel 2023?

“Abbiamo assistito a un’estate prolungata e a un inverno che in realtà non è mai arrivato, tanto che per esempio in alcune zone le foglie ancora oggi non sono cadute completamente. Nelle scorse settimane poi, in alcune zone d’Italia abbiamo registrato fino a un +10° rispetto alla media storica. Questo fenomeno è stato accompagnato dalla mancanza di neve che ha avuto degli effetti sia sul piano turistico, sia su quello prettamente ambientale in quanto sono stati sconvolti tutti i cicli vegetativi”.

Quest’ultimo aspetto che impatto ha?

“In agricoltura i cicli delle piante e le stesse coltivazioni stanno cambiando e questo mutamento talvolta offre agli agricoltori nuove possibilità. Questo può essere considerato la parte positiva della medaglia ed è il caso per esempio della Sicilia, in cui si è creato l’ambiente ideale per la coltura dell’avocado, alimento che fino a una decina di anni fa era impensabile trovare in Italia. I danni invece, sono provocati da repentini abbassamenti delle temperature in quanto, non essendoci più le mezze stagioni, le piante e gli ortaggi non hanno la possibilità di attrezzarsi per affrontare i primi freddi”.

Quali sono le conseguenze?

“Innanzitutto la riduzione della resa di tutte le reti produttive. Quest’anno abbiamo registrato un -60% della produzione di pere, ma non è andata meglio alle albicocche e alle ciliegie. Un altro effetto è sul ciclo delle api che non stanno rispettando il riposo, ma sono ancora in movimento. Inoltre, tra i danni ci sono anche quelli provocati dai parassiti e a tal proposito, quest’anno le condizioni climatiche hanno aiutato il propagarsi della peronospora, un fungo che ha danneggiato molti vigneti”.

La neve in montagna viene sparata. Basta per salvare una stagione?

“La neve artificiale è una pezza che serve per tamponare l’emergenza turistica, mentre resta il problema ambientale. La neve serve infatti anche per riempire i torrenti e i fiumi nella primavera successiva e qualora non sia abbastanza si prospetta una stagione di siccità con tutte le conseguenze del caso”.

Si parla di una tropicalizzazione del clima. In che cosa consiste?

“Con questo termine si indica un cambiamento che porta un’area del pianeta a sperimentare le condizioni climatiche teoricamente tipiche delle regioni tropicali. Queste sono in genere caratterizzate da temperature costantemente elevate, con escursioni termiche diurne più pronunciate di quelle annue. Quando poi arriva la pioggia, non si tratta di un debole fenomeno, ma di improvvisi eventi estremi, vere e proprie bombe d’acque e di alluvioni, capaci di distrugge qualsiasi cosa”.

Questa situazione sarà sempre peggiore?

“Senza dubbio il rapporto con l’acqua sta cambiando drasticamente e alla luce di questo  è impensabile rimanere inermi e subirne le conseguenze. Diventa dunque fondamentale prendere coscienza di questo mutamento e, per una buona resa dell’agricoltura, attuare delle tecniche di adeguamento per un nuovo e proficuo uso dell’acqua”.