Dottorato al maestro di Bergoglio

Un dottorato honoris causa in cultura dell'unità al filosofo e teologo Juan Carlos Scannone, principale esponente in vita della “teologia del popolo” che fu professore del giovane seminarista Jorge Mario Bergoglio, oggi diventato Papa Francesco. 

La scuola del Concilio

“Jorge Mario Bergoglio non parla del Concilio, lo attua”. La sintesi del vescovo di Mazara del Vallo, Domenico Mogavero, focalizza un tratto biografico e spirituale del pontificato di Francesco, primo papa a non aver partecipato al Vaticano II. Al Concilio Karol Wojtyla e Albino Luciani c’erano da padri conciliari, Joseph Ratzinger da giovane perito. Ma c'erano tutti e tre. Non così Jorge Mario Bergoglio che addirittura ha ricevuto l'ordinazione sacerdotale nel post Concilio. Se sono celebri il ruolo e il contributo di Wojtyla e Ratzinger nell’elaborazione di documenti conciliari, meno conosciuta è la presenza del futuro Giovanni Paolo II. Eppure l'11 ottobre 1962, alla cerimonia di apertura c’era anche un giovane prelato, consacrato vescovo di Vittorio Veneto dallo stesso Giovanni XXIII quattro anni prima. Era Albino Luciani e sarebbe stato il primo papa ad aver vissuto da vescovo il Concilio e ad averlo applicato nelle sue diocesi. Bergoglio seguiva il Concilio da Buenos Aires.

Dal seminario al collegio

Nella capitale argentina nasce il 17 dicembre 1936, figlio di emigranti piemontesi: suo padre Mario fa il ragioniere, impiegato nelle ferrovie, mentre sua madre, Regina Sivori, si occupa della casa e dell’educazione dei cinque figli. Diplomatosi come tecnico chimico, sceglie poi la strada del sacerdozio entrando nel seminario diocesano. L'11 marzo 1958 passa al noviziato della Compagnia di Gesù. Completa gli studi umanistici in Cile e nel 1963, tornato in Argentina, si laurea in filosofia al collegio San Giuseppe a San Miguel. Tra il 1964 e il 1965 è professore di letteratura e psicologia nel collegio dell’Immacolata di Santa Fé e nel 1966 insegna le stesse materie nel collegio del Salvatore a Buenos Aires.

Professione perpetua

Dal 1967 al 1970 studia teologia laureandosi sempre al collegio San Giuseppe. Il 13 dicembre 1969 è ordinato sacerdote dall’arcivescovo Ramón José Castellano. Prosegue quindi la preparazione tra il 1970 e il 1971 in Spagna, e il 22 aprile 1973 emette la professione perpetua nei gesuiti. Di nuovo in Argentina, è maestro di novizi a Villa Barilari a San Miguel, professore alla facoltà di teologia, consultore della provincia della Compagnia di Gesù e rettore del Collegio. Il 31 luglio 1973 viene eletto provinciale dei gesuiti dell’Argentina. Sei anni dopo riprende il lavoro nel campo universitario e, tra il 1980 e il 1986, è di nuovo rettore del collegio di San Giuseppe, oltre che parroco ancora a San Miguel.

In Germania

Nel marzo 1986 va in Germania per ultimare la tesi dottorale; quindi i superiori lo inviano nel collegio del Salvatore a Buenos Aires e poi nella chiesa della Compagnia nella città di Cordoba, come direttore spirituale e confessore. È il cardinale Antonio Quarracino a volerlo come suo stretto collaboratore a Buenos Aires. Così il 20 maggio 1992 Giovanni Paolo II lo nomina vescovo titolare di Auca e ausiliare di Buenos Aires. Il 27 giugno riceve nella cattedrale l’ordinazione episcopale proprio dal cardinale. Come motto sceglie Miserando atque eligendo (Guardò con misericordia e scelse) e nello stemma inserisce il cristogramma IHS, simbolo della Compagnia di Gesù. È subito nominato vicario episcopale della zona Flores e il 21 dicembre 1993 diviene vicario generale. Nessuna sorpresa dunque quando, il 3 giugno 1997, è promosso arcivescovo coadiutore di Buenos Aires. 29 Capitolo 2 Passati neppure nove mesi, alla morte del cardinale Quarracino gli succede, il 28 febbraio 1998, come arcivescovo, primate di Argentina, ordinario per i fedeli di rito orientale residenti nel Paese, gran cancelliere dell’Università Cattolica. Nel Concistoro del 21 febbraio 2001, Giovanni Paolo II lo crea cardinale. “Bergoglio non era al Concilio eppure il suo maestro è proprio il papa che ha voluto la novità epocale del Vaticano II”, sottolinea il vescovo Mogavero. “Si possono legare le figure di san Giovanni XXIII e di Francesco in quanto è Giovanni che ha indetto il Concilio. Accostare il 'Papa buono' con il 'Papa misericordioso' consente di comprendere l’attuazione del programma conciliare nella sua prospettiva autenticamente conciliare”. Il Concilio, infatti, è stato messo in pratica più nel Sud America e nelle chiese povere che non qui in Europa. “Basti pensare ad esempio alla liturgia viva, al senso di comunità, al ruolo dei catechisti e dei laici”, sottolinea il presule. “Cose che chi è stato in missione può raccontare, e che chi arriva da lì percepisce immediatamente. L'Europa, ai loro occhi appare come un mondo in cui la fede è morta, il Concilio inattuato”.

Il riconoscimento al professore

A conferire il dottorato al maestro di Bergoglio e “teologo del popolo” Juan Carlos Scannone è l’università dei Focolarini. La cerimonia avverrà lunedì all'Istituto universitario Sophia. La cerimonia si svolgerà nell'ambito dell'inaugurazione del 12° anno accademico dell'Istituto, che ha sede nella cittadella del Movimento dei focolari di Loppiano, nel territorio di Figline Valdarno Incisa (Firenze). Non a caso Francesco, primo vicario di Cristo proveniente dal Nuovo Mondo, ha iniziato il primo saluto ai fedeli dopo l’elezione al Soglio di Pietro dicendo “Buonasera!”, come si fa all’inizio di ogni celebrazione in Sud America iniziando la messa. E poi ha detto “il dovere del conclave era di eleggere un vescovo per Roma. Sembra che i miei confratelli cardinali abbiano dovuto andare a prenderlo quasi alla fine del mondo”.

La radice sudamericana

È questo background culturale che Bergoglio ha. Per lui il Concilio è un evento straordinario di grazia, che, come affermò il beato Paolo VI, ha avuto il carattere d’un atto d’amore; d’un grande e triplice atto d’amore: verso Dio, verso la Chiesa, 30 Il Concilio di Francesco verso l’umanità. Bergoglio richiama spesso l’allocuzione pronunciata da Giovanni Battista Montini all’inizio della quarta sessione il 14 settembre 1965. Spiega Francesco: questo rinnovato atteggiamento di amore che ispirava i padri conciliari ha portato anche, tra i suoi molteplici frutti, ad un modo nuovo di guardare alla vocazione e alla missione dei laici nella Chiesa e nel mondo, che secondo Bergoglio ha trovato espressione anzitutto nelle due grandi Costituzioni conciliari Lumen Gentium e Gaudium et Spes. Questi documenti basilari del Concilio considerano i fedeli laici entro una visione d’insieme del Popolo di Dio, a cui essi appartengono assieme ai membri dell’ordine sacro e ai religiosi, e nel quale partecipano, nel modo loro proprio, della funzione sacerdotale, profetica e regale di Cristo stesso.

Nel mondo

Il Concilio, a giudizio di Francesco, non guarda ai laici come se fossero membri di “second’ordine”, al servizio della gerarchia e semplici esecutori di ordini dall’alto, ma come discepoli di Cristo che, in forza del loro Battesimo e del loro naturale inserimento “nel mondo”, sono chiamati ad animare ogni ambiente, ogni attività, ogni relazione umana secondo lo spirito del Vangelo, portando la luce, la speranza, la carità ricevuta da Cristo in quei luoghi che, altrimenti, resterebbero estranei all’azione di Dio e abbandonati alla miseria della condizione umana. Nessuno meglio di loro può svolgere il compito essenziale di iscrivere la legge divina nella vita della città terrena. Sull’ampio sfondo di questa dottrina conciliare, Francesco inserisce il decreto Apostolicam Actuositatem, che tratta più da vicino della natura e degli ambiti dell’apostolato dei laici. Questo documento ha ricordato con forza che la vocazione cristiana è per sua natura anche vocazione all’apostolato, per cui l’annuncio del Vangelo non è riservato ad alcuni «professionisti della missione», ma dovrebbe essere l’anelito profondo di tutti i fedeli laici, chiamati, in virtù del loro Battesimo, non solo all’animazione cristiana delle realtà temporali, ma anche alle opere di esplicita evangelizzazione, di annuncio e di santificazione degli uomini.

Sophia Alc

La decisione, all'unanimità, di assegnare il dottorato, spiega il preside dell'istituto monsignor Piero Coda, “muove dall'ampio riconoscimento a livello internazionale dell'insigne studioso. Il dottorato vuole sottolineare inoltre, con particolare gioia e riconoscenza, quanto Scannone abbia offerto e offra, con un sostegno concreto ed economico, con visione aperta e lungimirante, al progetto di “Sophia Alc”, il centro accademico di formazione superiore e ricerca dell'istituto universitario Sophia in America Latina e Caraibi”. Si tratta del secondo dottorato honoris causa conferito dall'istituto: il primo, nel 2015, fu quello al Patriarca Bartolomeo I, di Costantinopoli. Alla cerimonia parteciperanno, tra gli altri, l'arcivescovo di Firenze, cardinale Giuseppe Betori, e il presidente del Movimento dei Focolari Emmaus Maria Voce, e Zervos Gennadios, e i sindaci di Figline e Incisa Valdarno Giulia Mugnai, e di Bagno a Ripoli Francesco Casini.

La lezione del Vaticano II

Secondo Francesco questo insegnamento conciliare ha fatto crescere nella Chiesa la formazione dei laici, che “tanti frutti ha già portato fino ad ora”. Ma il Concilio Vaticano II, come ogni Concilio, interpella ogni generazione di pastori e di laici, perché è “un dono inestimabile dello Spirito Santo che va accolto con gratitudine e senso di responsabilità: tutto ciò che ci è stato donato dallo Spirito e trasmesso dalla santa Madre Chiesa va sempre di nuovo capito, assimilato e calato nella realtà”. Applicare il Concilio, portarlo nella vita quotidiana di ogni comunità cristiana: era questa, per Francesco, l’ansia pastorale che ha sempre animato san Giovanni Paolo II, da vescovo e da papa. Durante il Grande Giubileo del 2000, Karol Wojtyla disse: “Una nuova stagione si apre dinanzi ai nostri occhi: è il tempo dell’approfondimento degli insegnamenti conciliari, il tempo della raccolta di quanto i Padri conciliari seminarono e la generazione di questi anni ha accudito e atteso. Il Concilio ecumenico Vaticano II è stato una vera profezia per la vita della Chiesa; continuerà ad esserlo per molti anni del terzo millennio appena iniziato”.

Sulla scia di Wojtyla

Parole scandite da san Giovanni Paolo II il 27 febbraio 200 nel discorso al convegno internazionale sull’attuazione del Concilio ecumenico Vaticano II. Sulla scia del suo predecessore polacco da lui canonizzato, Francesco esorta «pastori e fedeli laici ad avere nel cuore la stessa ansia di vivere e attuare il Concilio e portare al mondo la luce di Cristo». Per comprendere quanto ci sia di conciliare nel pontificato del primo papa che non ha partecipato al Vaticano II, è utile inquadrare la questione secondo le categorie interpretative proposte da padre Gianpaolo Salvini, gesuita, per 26 anni direttore della rivista La Civiltà Cattolica, le cui bozze sono riviste dalla Segreteria di Stato vaticana. L’accostamento di papa Giovanni e di papa Francessco, secondo Salvini, è stato naturale e spontaneo sin dai primi giorni dell’attuale pontificato, anche se ogni papa ha una sua personalità e un suo stile irripetibile. L’analogia viene dal modo di presentarsi e di comunicare, molto semplice e spontaneo, dall’attenzione all'aspetto pastorale di una Chiesa che viene incontro alla gente.

L’eredità del cardinale Martini

Per quanto riguarda il Concilio, Francesco ha ricreato molto dell’atmosfera di entusiasmo che si creò all’inizio del Vaticano II, per una Chiesa che si metteva in movimento, che abbandonava atteggiamenti ingessati nei secoli. E aggiunge di aver pensato a quanto diceva il cardinale Carlo Maria Martini circa un nuovo spirito del Concilio. Frase che vari colleghi giornalisti interpretarono come un invito ad indire un nuovo Concilio. Ma il cardinale Martini specificò almeno due volte che non auspicava nuovi Concili (anche perché, aggiungeva, non è stato ancora digerito il Vaticano II), ma che si creasse nuovamente l’entusiasmo e la fiducia in una Chiesa che sa rinnovarsi come era avvenuto al Concilio, e che si è poi andato smorzando durante il post Concilio. Una visione non pessimista circa la Chiesa in Europa, anche se meno creativa e vivace di quelle dei continenti nuovi. 

L'opera di Dio nella storia

Per Salvini influisce l’idea perenne che l’erba nel giardino del vicino è sempre più alta e più verde. Ma anche la Chiesa europea presenta aspetti affascinanti. Non a caso molti sacerdoti di altri continenti vengono in Europa per studi e non vogliono più ripartirne. E non si tratta soltanto del migliore trattamento economico. È però vero che Chiese latinoamericane e africane hanno un dinamismo che nel vecchio continente sembra essere andato perduto. L’Europa ha solide strutture, create pazientemente nei secoli, che i cattolici temono di perdere mentre hanno perso molto dello slancio missionario. Le Chiese nuove, infatti, hanno poco da perdere, spesso conoscono direttamente la persecuzione e il martirio (come all'inizio del cristianesimo) e sono molto più creative: sono continenti in costruzione. In Europa, secondo il teologo gesuita, le Chiese sono molto sulla difensiva e sulla preservazione dell’esistente e sembrano meno fiduciose sull’opera di Dio nella storia. E certamente Francesco è simbolo di questa vitalità e dello spirito latinoamericano che più che della esatta formulazione dogmatica, tanto cara agli europei, si preoccupa della traduzione in azione e testimonianza del messaggio evangelico.