Vanoni, Venditti, Tozzi e Raf: è la serata dei grandi

In quello che fin qui è stato il Festival dei giovani, fa quasi impressione vedere tutto l'Ariston cantare per due artisti come Raf e Umberto Tozzi. Segno che da dire c'è sempre qualcosa e, a volte, basta far intonare qualche nota per attivare l'ingranaggio delle emozioni. La verità è che quando sul palco salgono determinati fuoriclasse il risultato è questo. Ed è sempre questo che tiene a galla la serata numero tre del secondo Sanremo di Claudio Baglioni: nella nuova dozzina di esibizioni, si inseriscono momenti d'alta musica, duetti di qualità, interpreti che tegnono da soli il palco riuscendo, cosa non scontata, a far cantare. Sì, perché a Sanremo si viene innanzitutto per la musica, prima che per altro. Meglio così, visto che dal punto di vista della comicità la serata ha regalato poco: dopo l'exploit di ieri sera con Pio e Amedeo, Paolo Cevoli riesce meno efficace nei panni (per lui) storici dell'assessore Palmiro Cangini; Bisio e Virginia Raffaele (purtroppo) sembrano funzionare meglio soli che insieme e il pezzo migliore, probabilmente, la comica lo regala con una spalla d'eccezione come Ornella Vanoni che, alla fine, si prende quasi tutta la scena.

Spazio ai duetti

Tra sketch e canzoni, la serata deve iniziare col piede giusto: Baglioni ci prova intonando Viva l'Inghilterra, dopo aver sottolineato che anche stasera “siamo vivi e siamo qui”. Poi lo show, fatto di musica, quella di Mahmood che apre la dozzina incassando applausi e consensi per un pezzo oggettivamente ben costruito, e anche di qualche intermezzo ironico: Bisio si sofferma di nuovo sui tweet strani, gioca con la Raffaele sulle note di Ci vuole un fiore di Sergio Endrigo. Intanto, però, sul palco c'era già passato (non lo faceva dal 2000, anche lì come ospite) Antonello Venditti e il suo carico di classici che coinvlgono il pubblico e lo fanno cantare, prima dell'immancabile duetto con Baglioni sulle note di Notte prima degli esami. Il direttore artistico stasera fa prettamente il cantante: la maratona che non c'è lo sgrava dal dover serrare i tempi, delega ai co-conducenti la possibilità di spaziare al meglio, poi il resto lo fa la voce. E ne ha davvero per tutti: canta con Alessandra Amoroso Io che non vivo, e festeggia i suoi dieci anni di carriera; con Tozzi e Raf (con loro, su Si può dare di più, in realtà cantano tutti e tre) e anche con Serena Rossi, fantastica inteprete di Almeno tu nell'universo di Mia Martini. La interpreterà nel film in uscita, nel frattempo le chiede scusa: “E' ora di fargliele le scuse per quello che le hanno fatto”. Duetta addirittura con Rovazzi, intonando Faccio quello che voglio quando è già passata la mezzanotte. Con la Vanoni no, lì è terreno di Virginia Raffaele che pare quasi sorpresa dall'autoironia della veterana, che a un certo punto sembra quasi entrare nel personaggio che la comica interpreta quando la imita. Soprendente, di sicuro.

La gara

Pressoché conferme dai cantanti in gara, sia positive che non. Apertura col botto di Mahmood, che ha in gara uno dei brani più potenti, ben combinato fra testo e sound; bene anche Ultimo, apparso più in palla rispetto alla prima serata (ma il brano, pur bello, non lo è quanto Il ballo delle incertezze); si conferma su alti livelli anche la coppia Livio Gori-Nino D'Angelo, mix perfetto fra gioventù e maturità, rap e dialetto; funziona eccome anche Motta, con il testo probabilmente più incisivo tra quelli visti al Festival, che fotografa il momento del Paese; bella l'interpretazione di Irama, sempre più intenso a ogni riascolto, così come Cristicchi e gli Zen Circus. Chi non decolla, per paradosso, sembra essere Renga ma anche la coppia, pur particolare, Patty Pravo e Briga e anche Anna Tatangelo, brava ma con un pezzo che neanche stavolta le rende giustizia. Fresca l'esibizione un po' reggae dei Boomdabash. Strano perché, dopo due serate, la sensazione è che un favorito ancora non ci sia.