Stallo Italia-Ue sulla missione Sophia

Cambiare o, quantomeno, rivedere le regole della missione Sophia: è quanto chiede il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta, nel corso della riunione con i suoi omologhi europei a Vienna. Per il capo di Via XX Settembre, quando nel 2015 “l'Italia si assunse la responsabilità politica di far nascere la missione”, si riteneva che “l'azione in acque extra-territoriali sarebbe stata solo una prima fase”. Le cose in Libia tuttavia, nonostante siano ormai tre gli anni di missione nel Mediterraneo, non sono andate come previsto e “come Italia, abbiamo da soli accolto tutti i migranti salvati. Questo non è più possibile, lo dico a nome del governo. Occorre cambiare le regole”.

Rotazione dei porti

L'Italia torna dunque ad alzare la voce sulla questione Sophia, tra la consapevolezza di dover affrontare un tema complesso e l'opzione, in casi estremi, di lasciare gli accordi: “Per certi versi – ha spiegato il ministro – Sophia dimostra che l'Europa sa essere un security provider, ma penso che su Sophia si giochi l'immagine dell'Europa. Siamo aperti a tutti i suggerimenti, che riflettano il concetto secondo cui l'Europa è pronta a rispondere alle sfide che la riguardano. La nostra proposta mira ad introdurre una rotazione dei porti di sbarco e una unità di coordinamento che assegni il porto al Paese competente”. A proposito dell'eventuale uscita dall'intesa su Sophia, il ministro Trenta ha spiegato che “non c'è ancora accordo sulla proposta italiana. Tutti condividono l'importanza dell'operazione Sophia, e noi siamo i primi, è chiaro che dovremo fare le nostre considerazioni, e ogni decisione sarà presa col governo ed il premier Giuseppe Conte”.

Strada in salita

Una proposta sulla quale si è soffermato anche il ministro dell'Interno, Matteo Salvini, il quale ha confermato che questa si basa sulla “rotazione dei porti di sbarco delle navi della missione Sophia, perchè non è possibile che tutti i migranti soccorsi vengano da noi come sottoscritto dal Governo Renzi che ci ha lasciato con questa eredità pesante. Se dall'Europa arriverà l'ennesimo no dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale ma poi gli oneri ricadono solo su un Paese”. A ogni modo, Trenta si è detta consapevole che “non è e non sarà un esercizio facile, ma è un dovere, perché in questi anni abbiamo provato che l'Ue può fare la differenza nel Mediterraneo. Perdere questo bene sarebbe un grande passo indietro per gli Stati membri e tutta l'Ue”.

Perplessità confermate anche dall'Alto rappresentante dell'Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Federica Mogherini: “Al momento non c'è consenso sulle soluzioni pratiche ma c'è sulla necessità di trovarle – ha spiegato -. Servono risultati concreti e vorrei evitare di vedere un forum rimandare la palla all'altro a tempo indefinito”.