Messa di Natale, il Papa: “Come a Betlemme, riscopriamo l’adorazione”

Nella Notte Santa, il Santo Padre pone un monito: "Il ruggito delle armi impedisce ancora oggi al Principe della pace di trovare alloggio nel mondo"

Santa Messa Natale Papa Francesco
Foto: screen VaticanMedia

Se l’imperatore conta gli abitanti del mondo, Dio “vi entra quasi di nascosto”. Il Re della storia “sceglie la via della piccolezza”, nel momento in cui la sua nascita coincide con “il censimento di tutta la terra” descritto nei Vangeli. La Notte Santa non è un compendio della forza del popolo, come quello che portò alla rovina il popolo di re Davide. In questa notte “il ‘Figlio di Davide’, Gesù, dopo nove mesi nel grembo di Maria, nasce a Betlemme, la città di Davide, e non punisce il censimento, ma si lascia umilmente conteggiare. Non vediamo un dio adirato che castiga, ma il Dio misericordioso che si incarna, che entra debole nel mondo, preceduto dall’annuncio”.

Lo spiega Papa Francesco nell’omelia della Santa Messa di Natale, ponendo un monito sul “ruggire delle armi” che, ancora oggi, impedisce al Principe della pace di “trovare alloggio nel mondo”. Perché il censimento della terra manifesta quella “trama troppo umana che attraversa la storia: quella di un mondo che cerca il potere e la potenza, la fama e la gloria”.

Il Papa: “Gesù viene a cercarci nell’incarnazione”

Papa Francesco definisce questo atteggiamento come “l’ossessione della prestazione”. Eppure, anche nel censimento “risalta la via di Gesù, che viene a cercarci attraverso l’incarnazione. Non è il dio della prestazione, ma il Dio dell’incarnazione. Non sovverte le ingiustizie dall’alto con forza, ma dal basso con amore”. Dio, ha spiegato il Pontefice, “non ci salva premendo un bottone, ma si fa vicino per cambiare la realtà dal di dentro. Eppure, quanto è radicata in noi l’idea mondana di un dio distante e controllore, rigido e potente, che aiuta i suoi a prevalere contro altri”. Eppure, egli “è nato per tutti, durante il censimento di tutta la terra”. Il suo desiderio di abbracciare le nostre esistenze è tale che, “infinito, per noi si fa finito; grande, si fa piccolo; giusto, abita le nostre ingiustizie”.

Riscoprire l’adorazione

In questo emerge lo stupore del Natale: “Non un miscuglio di affetti sdolcinati e di conforti mondani, ma l’inaudita tenerezza di Dio che salva il mondo incarnandosi”. Stupirsi per l’incarnazione, laddove la “carne” richiama le nostre fragilità ma che il Vangelo utilizza “per dirci che Dio è entrato fino in fondo nella nostra condizione umana”. Cristo non guarda ai numeri ma è sui volti che pone il suo sguardo: “A Betlemme, mentre molta gente, presa dall’ebbrezza del censimento, andava e veniva, riempiva gli alloggi e le locande parlando del più e del meno, alcuni sono stati vicini a Gesù. Sono Maria e Giuseppe, i pastori, poi i magi. Impariamo da loro”.

L’adorazione, infatti, “è la via per accogliere l’incarnazione. Perché è nel silenzio che Gesù, Parola del Padre, si fa carne nelle nostre vite”. L’invito, perciò, è a fare “come a Betlemme“: restare “davanti a Lui, Pane di vita. Riscopriamo l’adorazione, perché adorare non è perdere tempo, ma permettere a Dio di abitare il nostro tempo”.