I segreti per “Smettere di fumare con gusto”

L'intervista al dottor Roberto Boffi, pneumologo da 25 anni all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano

Roberto Boffi è stato rinominato “Dottor fumo” e il grande pubblico l’ha scoperto di recente grazie alla sua apparizione durante una puntata della trasmissione Le Iene in cui ha presentato la sua ultima fatica editoriale, Smettere di fumare con gusto, libro realizzato insieme alla nutrizionista Anna Villarini, alla giornalista Lorella Beretta e allo chef Cesare Battisti. Boffi è pneumologo da 25 anni all’Istituto Nazionale dei Tumori di Milano. Il video della presentazione del libro è subito diventato virale sui social perché l’autore, oltre a essere un clinico e un ricercatore di vaglia, è anche parecchio simpatico e questo attira l’attenzione. L’ho incontrato per scoprire di più su questa terapia antifumo che io stessa ho deciso di affrontare e che sta dando i risultati sperati.

L’intervista

“Il fumo di tabacco è un’epidemia prevedibile, che ucciderà – purtroppo – in questo secolo, un miliardo di persone”. Lo ha dichiarato lo scorso anno durante una puntata di UPSalute Channel. Il tabagismo e i danni che ne derivano sono prevedibili o anche prevenibili e in che modo?

“Un miliardo di persone morte nel mondo in questo secolo è una proiezione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità purtroppo ottimistica, anche se non sembra tale. A causa del continuo aumento del numero dei fumatori e soprattutto delle fumatrici, infatti, almeno in Occidente rischieremo alla fine del secolo di avere addirittura più decessi”.

Quali le patologie che si possono contrarre per colpa del tabagismo?

“Il fumo è un fattore di rischio per malattie oncologiche, polmonari e del sistema cardiovascolare. È uno dei principali fattori di rischio per la nostra salute, ma è prevenibile. E questo fa rabbia: il fatto di non riuscire a combattere o quantomeno contenere la malattia e la morte delle persone. Tutti pensano, com’è logico, che la causa di decesso sia principalmente dovuta ai tumori, ma i fumatori muoiono prima di tutto per problemi cardiaci e cerebrali legati al danno vascolare del tabacco, quindi infarti, arteriosclerosi, ictus, arteriopatie obliteranti anche agli arti inferiori. Poi, certo, c’è il rischio di tumori, che non sono solo al polmone, ma anche quelli alla vescica – patologia che sta vedendo un’incidenza in aumento, soprattutto nelle donne, perché le donne anche in Italia fumano molto più di prima, mentre si osserva un abbassamento dell’età media di insorgenza. Poi ci sono i tumori gastroenterici, i tumori del cosiddetto distretto testa-collo, quindi gola e naso, quelli del cavo orale e anche i tumori non tipici dei fumatori, ma che comunque nei fumatori e nelle fumatrici hanno una percentuale maggiore, come il tumore al seno, i linfomi e le leucemie. È necessario capire che il fumo infiamma l’organismo e l’infiammazione è un fattore che può predisporre all’insorgere delle neoplasie”.

La pandemia ha aumentato il numero dei tabagisti e di chi ha iniziato a fumare?

“La pandemia, com’era facilmente immaginabile, non ha certo aiutato i fumatori a smettere di fumare. Metterei al primo posto, tra le cause, la cosiddetta infodemia, che ha generato paura, stress, ansia, preoccupazione per la propria salute e quella dei propri cari. Fattori che hanno causato, in molti fumatori, la decisione di desistere nel tentativo di smettere o in alcuni di loro ha favorito la ricaduta. C’è da dire che anche lo Stato non ha aiutato molto a correggere il tiro, perché le tabaccherie sono sempre rimaste aperte. Venivano considerate un genere di prima necessità, per cui le persone non potevano andare al cinema, a teatro, in piscina, in palestra, ma dal tabaccaio sì”.

In generale, manca un sostegno istituzionale per aiutare i fumatori a smettere?

“Prendendo l’esempio del periodo pandemico, il Sistema Sanitario Nazionale ha potuto aiutarli meno di quanto già faccia, cioè poco. Alcuni centri antifumo sono stati chiusi, altri hanno limitato fortemente la loro attività in quanto le pneumologie, che nella maggior parte dei casi contengono i centri antifumo, sono state indaffarate nel combattere la pandemia. Anche questa volta i fumatori sono stati vittime, purtroppo, delle circostanze. Questo discorso non è per assolverli, naturalmente, ma per cercare di spiegare anche da dove ripartire per cercare, finalmente, di affrontare in maniera concreta il problema”.

Il metodo antifumo sviluppato prevede un test iniziale per valutare la dipendenza, la visita per l’anamnesi e infine l’assunzione di farmaci per combattere l’insorgere di una possibile sindrome di astinenza. Non manca poi il sostegno psicologico. La dipendenza da tabacco è fisica o mentale?

“Il percorso antifumo utilizzato è quello validato dalle linee guida internazionali, che affermano che le percentuali maggiori di cessazione definitiva si ottengono con una cosiddetta terapia integrata, che contempla anche una strategia psicologica. Noi utilizziamo il counseling telefonico per poter essere vicino ai fumatori anche se abitano fuori provincia o regione. Alla terapia psicologica abbiniamo quella farmacologica: quello da fumo è un mix di dipendenza psicologica, gestuale, rituale, di gratificazione orale, ma anche fisica”.

Quanto pesa l’aspetto psicologico?

“È fondamentale, perché la citisina aiuta a smorzare la dipendenza dalla nicotina, ma il ciclo di terapia dura un mese e mezzo o due mesi. È una terapia che nella prima fase aumenta le dosi giornaliere fino a 6 capsule al giorno, per poi scalarle fino a zero. Da quel momento in poi è necessario farcela da soli, senza il farmaco. Oltretutto, il momento in cui si realizza di aver smesso di fumare corrisponde anche alla consapevolezza di aver guadagnato del tempo, che bisogna riempire con attività piacevoli che liberino endorfine”.

Quali le percentuali di successo?

“Fino al 50-60%. Le percentuali di cessazione definitiva considerano anche qualche ricaduta nell’arco del primo anno dall’addio al fumo. Non tutti sono in grado di  smettere di fumare, ci vuole anche molto impegno. Non è facile, ma è bellissimo”.

Quali segreti scopre un tabagista tra le pagine di Smetti di fumare con gusto?

“L’obiettivo è cercare di fare chiarezza su tutto ciò che gira attorno al fumo e anche, naturalmente, sul nocciolo del problema: la dipendenza. Cerchiamo di far capire al fumatore che si può smettere di fumare non solo per sottrarsi al rischio di ammalarsi, ma anche e soprattutto per liberarsi da una dipendenza”.

È previsto anche un cambiamento nell’alimentazione che promette di non far aumentare di peso?

“I fumatori spesso non decidono di provare perché temono di ingrassare. Per questo abbiamo sviluppato strategie e tecniche. Con i cibi giusti si può combattere il “craving”, la piccola o grande sindrome di astinenza che si può avere per qualche settimana o anche per due o tre mesi”.

Quali i cibi migliori per uscire dalla dipendenza da sigarette?

“Fondamentali quelli che scrocchiano: sedani, pinzimoni, insalate. Tre gli obiettivi da raggiungere: giusta alimentazione per non rischiare di ingrassare; combattere le crisi di astinenza; velocizzare i tempi di recupero dei danni causati dal fumo”.

Hai mai fumato? E chi è Roberto Boffi quando toglie il camice?

“Mai fumato. Quando tolgo il camice bianco rimango quello che sono quando lo indosso. Sento molto la responsabilità e il piacere di continuare a parlare a nome dell’Istituto e dei miei pazienti”.

Pubblicato sul settimanale Visto