La Chiesa, una famiglia anche per chi non ha famiglia

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Foto di Tyler Nix su Unsplash

La pace nasce in famiglia e Cristo è il fondamento della famiglia. In questo weekend gli Stati generali della natalità e la visita a Roma del presidente ucraino Volodymyr Zelensky hanno riaffermato la collaborazione Stato-Chiesa per il bene comune. Senza figli non c’è speranza, ha detto il Pontefice, e la guerra è la negazione dell’umanità. La missione di evangelizzazione e di salvezza spinge a superare le distinzioni e le fratture, a rivolgersi all’intera famiglia umana nel contesto di tutte quelle realtà “entro le quali essa vive”. E’ la lezione della costituzione conciliare “Gaudium et Spes” e vale tra le mura domestiche come sullo scacchiere internazionale. Serve il dialogo per portare a tutta la famiglia umana la salvezza, per collaborare alla sua autentica tutela e alla soluzione dei gravi problemi attuali nella luce del Vangelo. E’ quello che Francesco ha messo in pratica nei due Sinodi sulla famiglia.

Ci sono sempre punti di vista diversi. Bisogna cercare spazi per ascoltare lo Spirito Santo e permettergli di operare in profondità. E’ così che la Chiesa testimonia “coraggio apostolico, umiltà evangelica, orazione fiduciosa”. La misericordia si apprende in famiglia quale attuazione del Vangelo e manifestazione del Dna ecclesiale. In famiglia matura il “frutto dell’aver sperimentato l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva” (Evangelii Gaudium 24). Attorno ad un focolare domestico si apprendono gli innegabili e mutevoli processi culturali e sociali che corrono ed evolvono nel terzo millennio globalizzato. La famiglia coniuga l’unità del cuore e quella delle viscere. Una madre è tale per sempre. E la Chiesa è Madre.

Benedicendo l’altro giorno i lavori di ampliamento della “Casa tra le nuvole di Papa Francesco” per le vittime della tratta, il Segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin ha evidenziato che “la Chiesa sa farsi famiglia anche per chi non ha famiglia”. Quando un pastore testimonia che la sua certezza è la presenza di Dio in ogni persona agisce come guida spirituale che indica al gregge dove cercarlo. Parlando di Chiesa come ospedale da campo, Francesco dice che ad un ferito grave prima del colesterolo e della glicemia si devono curare le ferite. Quando spinge la Chiesa a vivere in frontiera, insegna come cercare la pecora smarrita mentre le altre sono al riparo. Al tempo stesso Francesco mostra grande attenzione per tutti gli strumenti, vecchi e nuovi, della comunicazione sociale. Ma, avverte, che se all’interno di una famiglia ognuno preferisce il suo cellulare o il suo computer, allora viene meno la relazione faccia a faccia e la famiglia si trasforma in un pensionato. In questo senso, Francesco è pienamente consapevole che i social rischiano di favorire la patologia della comunicazione e la disgregazione dei corpi sociali. Oggi la stessa parola “social” è diventata sinonimo della parola “media” e dunque di comunicazione sociale a tutti i livelli (personale e di massa) e con ogni modalità (digitale e multimediale).

Dalla telefonata al tweet. Francesco rappresenta in qualche modo l’esempio vivente di chi riesce a comunicare con tutta la sua persona ma anche con ogni strumento, come dimostrano ora le sue parole, ora le sue mani, ora le sue telefonate a qualcuno, ora i suoi messaggi online. “La nascita dei figli è l’indicatore principale per misurare la speranza di un popolo. Se ne nascono pochi vuol dire che c’è poca speranza. E questo non ha solo ricadute dal punto di vista economico e sociale, ma mina la fiducia nell’avvenire”. E’ il monito del Santo Padre risuonato nell’auditorium della Conciliazione di Roma, agli Stati generali della Natalità.

Santità, amiamo le nostre famiglie, amiamo la nostra patria, crediamo nel nostro futuro e faremo fino in fondo la nostra parte“, la risposta della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con lui sul palco. “Occorrono politiche lungimiranti”, l’esortazione di Francesco che chiede di “cambiare mentalità”: la famiglia “non è parte del problema, ma della sua soluzione”. E allora chiede: “C’è qualcuno che sa guardare avanti con il coraggio di scommettere sulle famiglie, sui bambini, sui giovani?”. Il Pontefice individua le cause di questo “inverno demografico”. Ossia le giovani generazioni “sperimentano più di tutti una sensazione di precarietà”, per cui “il domani sembra una montagna impossibile da scalare”. Dove le donne sono “spesso costrette al bivio tra carriera e maternità”. C’è difficoltà “a trovare un lavoro stabile, difficoltà a mantenerlo, case dal costo proibitivo, affitti alle stelle e salari insufficienti sono problemi reali”. Non poteva esserci dimostrazione più efficace del messaggio di madre Teresa:  “Se vuoi cambiare il mondo, vai a casa e ama la tua famiglia”.