Don Saulo Scarabattoli: “Santi Pietro e Paolo: radici della fede e fantasia dello Spirito”

L'intervista di Interris.it a don Saulo Scarabattoli che spiega l'attualità dei due santi apostoli, Pietro e Paolo, nella solennità a loro dedicata

A sinistra: la statua di san Pietro in Vaticano. Foto di Jason Steele su Unsplash. A destra: la statua di San Paolo. Foto di Eric Bouchet su Unsplash

Oggi la Chiesa celebra la Solennità dei Santi Pietro e Paolo Apostoli. La festività odierna è antichissima: è stata inserita nel Santorale romano molto prima di quella di Natale. Ne è prova il fatto che, nei secolo IV, si celebravano già tre messe: una in san Pietro in Vaticano, l’altra in san Paolo fuori le mura, la terza alle catacombe di san Sebastiano dove furono probabilmente nascosti per un certo tempo, all’epoca delle invasioni, i corpi dei due apostoli. La data scelta, il 29 giugno, è l’anniversario della loro morte o la traslazione delle loro reliquie.

Le figure di Pietro e Paolo sono fondamentali per la fede cristiana. La loro vita e le loro opere, che ritroviamo nel Nuovo testamento, sono ancora attuali. Interris.it ha intervistato don Saulo Scarabattoli per approfondire come queste due figure così diverse tra loro ispirino la vita dei cristiani e il cammino della Chiesa di oggi.

Don Saulo Scarabattoli. Foto propria

L’intervista a don Saulo Scarabattoli

Cosa hanno in comune tra loro san Pietro e san Paolo?

“Pietro e Paolo hanno in comune solo la santità. Il loro modo di essere santi è infatti del tutto diverso. Lo vediamo in modo evidente ed energico negli Atti degli Apostoli dove si legge del concilio di Gerusalemme che era stato convocato per dirimere la questione su chi dei due apostoli avesse ragione: Pietro che evangelizza i circoncisi o Paolo che andava dai non Circoncisi?”.

Quale risposta?

“La risposta è che la parola di Dio va rivolta a tutti: sia all’antico popolo di Israele sia ai non circoncisi, i pagani. Paolo lo dirà espressamente nelle sue Lettere specificando che le promesse di Dio sono irrevocabili. Quindi l’Alleanza con Israele vale per sempre, anche oggi. L’Antico testamento è dunque una via di salvezza. Ma la Parola di Dio è rivolta a tutti. Anche la nuovo popolo, quello che segue Gesù descritto nel Nuovo Testamento”.

Qual è la caratteristica del nuovo popolo?

“Il nuovo popolo non ha confini, è universale: tutta l’umanità è chiamata a seguire questa alleanza con Dio. Colui che ha ‘sfondato le barriere’ e aperto la strada di questa nuova via, cattolica (parola greca che significa universale) è stato proprio san Paolo. Pietro e Paolo, colonne della Chiesa rappresentano questi due aspetti dell’evangelizzazione: verso il vecchio popolo il primo, e verso il nuovo il secondo”.

Quali sono le differenze culturali tra i due?

“Dalle Scritture possiamo dedurre che fossero agli antipodi, sia per provenienza, sia per ceto sociale. Pietro era un pescatore della Galilea, dunque non aveva un alto livello  culturale, al massimo elementare. Conosceva le cose fondamentali dell’Antica Alleanza perché venivano insegnate nelle Sinagoghe. Ma anche nella scala sociale non era ai livelli più alti. Anzi. Infatti al tempo il lavoro di pescatore era considerato di basso livello poiché i pescatori venivano in contatto e maneggiavano alcuni pesci considerati impuri. Perciò non potevano entrare nel tempio. In pratica Pietro era un escluso”.

Pietro un escluso. E Paolo?

“Paolo l’esatto contrario: era un rabbino della casta dei farisei.Nato a Tarso, in Asia Minore, qualche anno dopo la nascita di Gesù, da famiglia ebraica ma di cittadinanza romana, fu educato a Gerusalemme e frequentò la scuola farisaica di Gamaliele che al tempo era considerato un’autorità. Paolo ha dunque una cultura rabbinica profonda, come si evince dal suo modo di argomentare che troviamo nelle sue Lettere che è tipico della scuola rabbinica. Paolo non era dunque un escluso, era anzi quello che noi oggi definiremmo una persona dell’elite”.

Quali invece le differenze caratteriali?

“Anche sotto questo aspetto erano molto diversi, forse anche a causa della provenienza sociale e del livello culturale tanto diversi. Pietro era un uomo che potremmo definire ruvido, molto diretto, e – da come si legge nei Vangeli – molto generoso, irruento e oggi diremmo (con un termine improprio) un po’ ‘spaccone’: era convinto che sarebbe morto con Gesù che invece tradì tre volte. Pietro si è poi rivelato essere un uomo di una grande fragilità. E proprio per questa sua caratteristica Gesù l’ha poi scelto come giuda e capo degli Apostoli: perché lui ha sperimentato la fragilità, il fallimento, l’errore in prima persona. E dunque non giudicherà né condannerà più nessuno, essendo lui il primo che sarebbe stato condannato se il nostro Dio non fosse un Dio misericordioso”.

Perché è stato scelto Paolo?

“Paolo è stato scelto perché aveva questa missione di apertura al ondo, di collegamento tra lAntico e il Nuovo Testamento. Quando Saulo (ebreo convinto) ‘incontrò’ Gesù nella famosa conversione resa artisticamente immortale da un quadro del Caravaggio (anche se non è sicuro che Paolo fosse a cavallo poiché le Scritture non lo specificano…) gli ‘caddero le squame dagli occhi’. E ha compreso la novità. Paolo è un uomo che si è sentito guardato da Gesù e scelto da lui per la missione tra i pagani. Paolo ha portato la misericordia di Dio ai lontani, così come Pietro la portava ai vicini, gli ebrei. Entrambi, evangelizzano non solo a parole, ma principalmente testimoniando la propria esperienza diretta dell’amore del Salvatore per loro”.

L’arte rappresenta Pietro e Paolo quali colonne portanti della Chiesa. E’ giusto?

“Gesù sceglie Pietro e Paolo non tanto quali colonne ma quali polmoni della sua Chiesa. Perché hanno fatto proprio il messaggio antico coniugandolo con la novità portata da Gesù Cristo e annunciandolo sia ai vicini che ai lontani: in pratica all’umanità intera. Per questo loro due insieme rappresentano il respiro della Chiesa universale”.

Cosa dicono alla Chiesa e al popolo di Dio questi due santi oggi?

“Pietro è attento alla tradizione, Paolo alla novità. Potremmo raffigurarli il primo come le radici della tradizione, il secondo come i fiori che nascono da queste radici. Questo vale anche oggi. Recentemente qualcuno ha attaccato il Santo Pontefice, papa Francesco, accusandolo di essere troppo innovatore. Ma così deve essere! Guai per la Chiesa se fosse una montagna, un cumulo immobile di pietra, perché diventerebbe un’entità morta. La Chiesa è invece un organismo vivente che cresce, cambia, si trasforma dal di dentro. Come un albero, esempio usato dallo stesso da san Paolo. Ai cristiani di oggi i due santi ci dicono: abbiate coraggio, guardate avanti perché la storia del passato ci autorizza a scoprire vie nuove. Pietro è l’ancoraggio alle radici, Paolo è la fantasia dello Spirito”.